Sunday, December 31, 2017

in effetti quando accompagnai mia madre a salutare per l'ultima volta don dionigi ho avuto la sensazione di aver vinto io [pars contruens]

perché non c'è solo la pars destruens.
e perché la pars construens passa attraverso questi testacoda. o paradossi.
si stava andando ad una camera ardente - nel  bucodiculo della brianza - a salutare un morto, per quando cardinale, ed io in quel momento, mentre si percorreva la litoranea deserta e con un caldo lattiginoso, capii di aver vinto. quella più malinconica era mia madre - era mancato il suo don dionigi, il giorno in cui ripartivo dal mare - però credo abbia intuito che la mia testa stesse facendo click. forse financo prima di me. le stavo raccontando di quella settimana faticosissima ma che già mi risuonava struggente. che non era stata bella, ma fottutamente formativa, maieutica a suo modo: ce la si poteva fare. nonostante l'istruttore sociopatico, l'aggrapparsi isterico alla draglia dell'inizio, l'incazzo di voler mollare tutto e sfanculare il tentativo. anzi. forse proprio per questo. un altro [apparente] paradosso.

ma andrei con un minimo di ordine.
anzi, ma anche no.
perché quella settimana è una specie di epigono: perché prima si è dovuta preparare, arrivarci tipo a spirale. e poi si è andati avanti, che già che c'era l'abbrivio. ci si è arrivati con dei rimbalzi forse casuali, che si sono inseriti in nessi causali. un libro preso per caso in biblioteca - una paraculata editoriale, ma per certi versi utile - l'immagine di copertina, io che ne parlo ad odg perché volevo parlarle della parte utile di quel libro. odg che le viene un'intuizione quando le dico della copertina, e la raccomandazione della vacanza come indicazione terapeutica. io che le dico avrei trovato questi qui. lei che mi dice mi sono informata, ho capito chi sono. tutto mica in una volta. a spirale, appunto.
e via così.
fino a percepire, giù in fondo nel punto fondante, che le cose sono possibili. e che non fa così paura pensare di provare a farle diventare un tocco oltre il possibile. anche se può essere faticosissimo, anche se ti può venire di aggrapparsi alla draglia, anche se l'istruttore è sociopatico. anche se giuri e spergiuri di non salir più su una cazzo di barca a vela. perché poi ti capita anche un po' il culo di incrociare qualcuno che stia lì - perfetti sconosciuti - ad ascoltare il tuo esternare a fiato corto ed il groppo in gola del piccolo shock della giornata - anche il fatto che siano le prime vere vacanze dopo anni, e che sembra ti stia scoppiando tutta la merda in mano, i blocchi, le incertezze, i pochi appagamenti, le scelte sminchiate, gli uomini piccoli a cui devi rispondere, una realizzazione che non c'è e non si vede. e che poi ti mescino del mirto, per affogar un po' tutto nella cazzaraggine [auto]ironica. e che poi ti trascinino, il giorno dopo, sul pontile, magari solo con la scusa che hai un bel pezzo di cambusa nello zaino, mettiti un po' la mano sul cuore e muovi il culo. poi vabbhé, alla fine il saltino per tornar sulla barca l'ho ben dovuto far io, con lo stomaco un po' in subbuglio, col caldo aggressivo che fintanto che non sei fuori dal porto ti stride addosso. ma è importante tutta la filiera. chi ti porta al pontile e te, col tuo saltino. ed una volta a bordo poi si issa il fiocco.
e via così.

tipo, appunto, che il cambiamento è possibile. è nelle corde. è in potenza. che l'immobilità non è obbligatoria. anche perché basta non tirare in direzioni diverse assieme. 'ste cose qui insomma, in apparenza banali, che chi ci è già arrivato meglio per lui. ora dovrei averlo [ri]capito anch'io.

sarebbe poi questa la pars construens. essere andato oltre la pars destruens. in maniera fuzzy, non è che una mattina ci si sveglia e dici: buondì pars construens. è un declivio raccordato. con pochi strappi o robe eclatanti. quasi senza accorgersene, però un bel giorno 'sto plumbeo sembra sparito.
e nel trascorrere un sacco di cose belle.
tipo i libri, che son tanti, perché sono compulsivo a leggerli e poi perché sto imparando. quindi ci son stati - tra gli altri - kazuo, david, alessandro, etty, emma, roberto, philip, fabio, ralf, roddy, ian, jonathan, alan, antonio, andrej.
tipo, soprattutto, le persone [in ordine sparso] l'abilitazione dell'amica viburna, i calici alzati con la cummmmà liude e l'amico luca, le compulsioni dell'amica paola, le chiacchierate e gli entusiasmi dell'amico guiTo, l'ascolto attento dell'amico emanuele, le risolutezze dell'amica chiara, l'amica laura ritrovata, le peripatizzazioni coll'amica valentina. e poi quelle conosciute - dal vivo o meno - nuove nuove, alcune veramente codine della gaussiana, davvero tanta roba [rigoroso ordine alfabetico: amalia, alessandra, antonella, danilo, francesca, giusy, irene, marco, rebecca, stefano, valentina, zino]
e poi le chiacchiere in piedi - e pace se siano già finite, le foglie raccolte colla musica nelle orecchie, i quadri raccontati, le idee da pelle d'oca, la triennale, i post di gianluca, itsoh, barbara, il ventimaggiosenzamuri, il venticinqueaprile, sundayblues dal vivo alla radio, le ong che salvano le persone nel mare - e a gran stronzissimo culo tutti i salvinismi che albergano in troppi -, la prima diffusa alla fondazione feltrinelli, il piacere di un calice davanti un film, bookcity, il ringraziamento di alcuni colleghi, le piccole epifanie da odg, la paizza condivisa, i bimbi nuovi che sono arrivati - alcuni in anticipo, con 'sta gran fretta di guardare il delirio che li attende - e quelli che stanno arrivando.
la sensazione di stare bene.
e poi 'sta cosa del piacere di scrivere, che a volte viene financo discretamente. piacere ritrovato. o [ri]scoperto. con questo odore fresco del tocco oltre il possibile. qualsiasi cosa voglia dire. oltre che potrebbe essere un riuscitissimo uovo di colombo. ci son voluti alcuni barnum, chi l'avrebbe mai detto: è un altro paradosso, baricchiano. intanto "la sposa giovane" me lo sono centellinato come un piccolo piacere, a chiusa dolce.

e mo vediamo dove porta il vento.

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