Friday, July 15, 2016

siamo un po' tutti figli del quattordiciluglio

da quando son qui nel mio cantuccio scrivo meno.
e soprattutto non mi vien da dover commentare sulle nequizie che capitano nelle cose più grandi di me, troppo più grandi.
non so se prima ero semplicemente [più] saccente. oppure ora [più] disperato, nell'accezione più ampia del termine: roba che mi toglie le parole.

e [mi] capitano alcune cose, in questi momenti.
fatico a scorrere per più di un terzo la homepage di repubblica: è troppa roba. come se non riuscissi sopportare tutto quel flusso di informazioni, che poi sono emozioni, e ribollire di stati d'animo.
fatico a seguire alcuni pensieri che mi sgorgano dentro, come se s'accavvallassero ma con grande fatica, attorcigliati dopo pochi momenti. e non trovassero spazio o percorsi per srotolarsi e trovare aria, fondamento, ragione, compiutezza.
ho smesso di ascoltare la tivvvvù dei tolcsciò: mi pare tutto piuttosto banalizzante, semplicistico, con i ruoli studiati artatamente. solo la radio mi pare che fornisca un contributo, qualititamente, accettabile.

però so anche alcune cose. senza doverle ratificare novamente, passarle al vaglio psicopipponico. come se fossero istanze fondanti, strutturate.
so che tutta questa complessità ora ci è ancora più vicina. non che la complessità sia scoppiata così, d'amblè. ora è sotto gli occhi ed il culo dei più.
so che quello che è capitato in francia può capitare anche qui. può capitare a milano. può capitare anche a me.
so che non ho paura. perché la fatica che ho fatto, e che faccio, per cercare di essere un neuroncino construens, non la regalo senza fiera resistenza alla complessità che ha incistato il mondo: dove esiste il male. ed esiste laicamente, senza bisogno di scomodare entità metafisiche, categorie morali, principi trascendenti.
e so, soprattutto, che vinciamo se rimango, anch'io, umano.

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