Saturday, January 23, 2016

l'orizzonte grigio, la cuginetta greta, i diritti per tutti

oggi son accadute tre cose, dal mio personalissimo punto di vista. in fondo c'è un filo rosso che le unisce.

stamani, rotolandomi nel letto, appena sveglio, ancora al caldo del piumone rinforzato, pensavo che mi stava srotolando addosso la visione nera del sabato mattina. la conosco bene, ormai. mi ha avvolto molte volte lo scorso, faticosissimo, anno. è il senso di non capacitarmi a trovar più senso. come se ormai non mi riuscisse di capire il perché son quivi, che ci faccio e soprattutto, con quale scopo. solo che questa volta mi è parsa grigia, la visione nera del sabato mattina intendo. proprio me la son vista addosso la cappa, che era meno nera del solito. come facesse traslucere della luce. e l'angoscia non fosse così angosciosa. come se sapessi che se anche non lo vedo, un qualche cazzo di senso e scopo ci dovrà pure essere.

poi, quasi improvviso, è arrivato il messaggio della mia cugggggggina. che mi annunciava che, puntualissima secondo i termini, era arrivata greta, la cuggggggginettta. ed è come se mi si fosse illuminato il tutto. ho provato, davvero, una specie di gioia che non mi aspettavo, una sorta di brivido emozionevole dolce. tecnicamente è la nascita che quasi ho atteso più di tutte le altre mi sia capitato di attendere, per interposti genitori. e soprattutto, per un attimo fugacissimo, ho come intravisto una serie di consecutio, in cui mi ci son trovato anche io, con tutte le mie perplessità e domande. e mi son sentito davvero trascinato nella sensazione di esser parte di un qualcosa di umanevolmente inevitabile. di nuovo: nonostante e chisssenefotte delle mie incertezze. con la fugacissima intuizione siano ugge che [mi] capitano, finalmente[?] consapevoli della propria finitezza, che nella vita si può "fallire" [senza rimaner agganciati troppo al senso stretto di questo termine] ma che questa possa essere uno dei miliardi di possibili divenire di uno che è comunque umankind. umanità, così come il virgulto con il più alto numero prospettive davanti, quale può essere una bimba venuta al mondo la mattina prima della prima luna piena dell'anno. un senso che fatico a trovare, disperante possa financo non esserci, ed un senso che andrà a cercar lei, piano piano, via via prenderà consapevolezza pure lei faccia parte di questa stranissima umankind. le auguro di non dover ceder troppo alla psicopippa solitaria, con tanto di post come questo, qualsiasi cosa saranno diventati i post quando lei sarà in età da psicopippa.

la cuginetta greta arriva con un corredo cromosomico che un po' più vecchio del mio e di quello dei suoi genitori. con una coscienza ed intelligenza che dovrà costruire giorno dopo giorno. ma con la coscienza e intelligenza collettiva che abbiamo costruito, tutti, anche per lei. e che se vorrà, fruirà come e quanto meglio.

anche per questa intelligenza e coscienza collettiva e comune sono così andato in piazza. #svegliaitalia. avevo già previsto di esserci. sono andato con un senso da ali ai piedi in più, pensando alla cuggggginetta. ci sono andato nonostante, nei "fallimenti", ci sia la presa di coscienza non riuscirò a costruir uno straccio di relazione con chicchessia, quindi nessuna greta e nessuna sensazione che - il suo papà mandria mi ha detto - non si riesca proprio spiegare cos'è [e quindi non ci provo nemmeno a scriverlo. so la sensazione di me che non la proverò]. ci sono andato perché estendere dei diritti è una cosa giusta, punto!, affrancata financo al concetto di relatività [con di controbalzo l'altra intuizione che uno dei possibili sensi all'esistenza possa essere riuscir a non dimenticarsela, 'sta cosa dei diritti: come il divenir concreto delle conquiste dell'intelligenza e coscienza collettiva]. ci sono andato anche per la cuginetta greta, quindi. che non le si è fatto trovar un mondo tanto messo bene. ma se si può far sì si possa metter un po' meglio - tra le millemila cose - allora tanto meglio.

cosicché possa dar il suo contributo anche lei, domani, a renderlo un poco migliore. perché è da quella parte che si va, a migliorar la coscienza e l'intelligenza comune. e la cosa interessante è che succede anche e nonostante il senso dei miei "fallimenti".

buon cammino, cuginetta greta.

Sunday, January 17, 2016

port pre-genetliaco di un ex amico prete [o prete ex amico?]

sfilza di ricorrenze in questa porzione di gennaio: compleanni, anniversari.

domani compie gli anni un prete. una olta mi pareva un segno interessante facesse il genetliaco il giorno dopo l'anniversario dei miei genitori. ma tant'è.

per me è stato il prete.

tecnicamente credo sia un sacerdote financo più che discreto. sicuramente un trascinatore di parrocchiani, piuttosto liricamente ispirato, simpaticamente coreografico, teologicamente nemmeno troppo sprovveduto.

è uno, però, cui piace vincere facile.

un atteggiamento che mia madre sgamò, piuttosto in fretta, che però allora faticavo a riconoscere compiutamente. fin che va tutto sommato bene, occhei, che superDon che riusciva ad essere, e la simpatia della gente conquistare, con tutti i suoi aneddoti un po' strampalati. davanti a situazioni un po' spinose, che probabilmente non lo coinvolgevano o non lo interessavano: via, silenzio, il fruscioso sfilarsi, come la veste che non amava indossare quando era all'oratorio. servo per amore stocazzo.

ne ho avuto una definitiva conferma quando si ammalò mio padre. era uno dei pochi che sapeva. fu uno dei pochi che fece mancare del tutto la sua presenza. la situazione spinosa ero [anche] io, e la mia apostasia mai affrontata: pure quella spinosa come situazione.

potrei sbagliarmi, e lo scrivo senza giudizio, bensì constatazione che forse sono riuscito ad accettare da non molto tempo. ho la sensazione sia gay, senza forse averne nemmeno la piena consapevolezza. e probabilmente era innamorato di me. mai avuto nessuna manifestazione chiara, inequivoca, lampante. forse, in un singolo episodio, una vaghissima intuizione, quando oramai aveva lasciato l'oratorio del paesello. eravamo in auto, fermi ad un parcheggio, in attesa di non ricordo chi. io stavo stuchiacchiando i miei appunti, nel mentre, uno degli ultimi esami. mi accarezzò, come spesso faceva, ed ebbi l'impressione che stesse per, volessi dirmi qualcosa, che probabilmente non potevamo/riuscivamo accettare entrambi. lo guardai con aria interrogativa, lui distolse lo sguardo. io tornai ai miei appunti.

era l'amico per antonomasia, di quelli che finiscono nella dedica della tesi, in quel rito un po' stramapalato di riconoscenza di un qualcosa di importante si è fatto. la mia vita sarebbe stata decisamente molto diversa se non l'avessi conosciuto. non so se meglio o peggio. sicuramente diversa. a partire dal fatto sarei arrivato prima all'apostasia. tra l'intimo squasso dello studio degli illuministi a 18 anni e il perdere la sua amicizia, e tutto quello che di uterino rappresentava l'oratorio per me. scelsi lui e lo status quo.

forse un po' ingenerosamente poco fa, mentre mi sovveniva avrei potuto scrivere il post pre-genetliaco [nemmeno nel giorno giusto voglio pubblicarlo], pensavo che non so quanto mi abbia fattivamente dato in termini di formazione, o di indirizzo per quello che sono e sono via via diventato. molto più significativo aver incrociato altre persone. sicuramente con lui cominciai a capire quanto mi intrigava la speculazione psicopipponica. e con lui esercitavo quella specie di flusso di coscienza che tanto sembrava strano agli altri, e che mi rendeva piuttosto strano a costoro. lui mi ascoltava e interloquivamo, pensavo mi capisse e mi accettasse in quella iperproduzione di considerazioni. a me piaceva, dava un senso, foss'anche mi stesse ad ascoltare. spesso ci intortavamo in ragionamenti laoocontici, sempre all'ombra illuminante della fede. ricordo un pistolotto sul fatto lui ritenesse importante essere il prete amico, mentre io sostenevo fosse l'amico prete.

litigavamo ogni tanto. spesso partendo da un nonnulla. verosimilmente litigi da innamorati un po' checcosi. non ci parlavamo per giorni. poi ci si riconciliava: la cosa partiva [quasi] sempre da lui, e quando avveniva sentivo una specie di respiro di sollievo importante, come qualcosa di precipuo riconquistato.

ha seguito i miei innamoramenti nevrotici. non so se ne abbia mai avuto contezza, o mancò il coraggio di dirmi che quello non era amore ma, appunto, nevrosi compulsiva. probabile più la prima che la seconda.

quando se ne andò dal paesello e dall'oratorio giurammo di sentirci e di frequentarci come se nulla fosse cambiato. la nostra amicizia doveva sopportare e transitare attraverso i secoli e i continenti. bastarono pochi mesi e probabilmente ci si accorse, forse con un po' di meraviglia disincantata, che questa inevitabile necessità di esserci l'uno per l'altro svaporava. come la mia fede, del resto, lontano da lui. forse, da quel punto di vista, oramai "libero".

non mi chiese mai il perché di quella scelta: troppo complicato forse affrontarmi su quel versante. o forse, semplicemente, non gli interessava ormai più di tanto verificare. come non gli interessavo più io.

ho smesso di credere nell'amore eterno tra un uomo ed una donna, sacralizzato [religiosamente o meno] nel matrimonio quando ho scoperto come si era volatilizzata quella nostra amicizia. quasi in un amen.

ho ancora un suo regalo. ormai da un quarto di secolo. una radiosveglia a forma di cubo, rossa. ha girovagato con me per tutti i mille mila appartamenti/stanze/alloggi che ho cambiato da allora. è quella che mi sveglia ancora ogni mattina. non so perché ma ho sempre voluto tenerla con me, anche negli ultimi anni. qualche settimana fa ne ho vista una versione simile, stessa marca, stesso colore: semplicamente un modello [piuttosto] successivo. per un attimo mi è venuta la tentazione di prenderla e buttar via quella vecchia. poi ho desistito.

magari, domani, torno al mediavuorlde e la compro: mi faccio il regalo nel giorno del suo genetliaco.

Wednesday, January 13, 2016

casualità lapidarie

senza soluzione di continuità sono [ri]andato un po' in trippppe per i film di tarantino.

ce n'era uno, in particolare, che mi rimaneva come grande mancanza, di quelli più vecchi.

il volume due di kill bill, roba che allora era tutto così dannatamente diverso. era lì, in attesa che prima o poi decidessi di guardarlo. così, un paio di settimane, fa stavo per cominciare a farlo. solo che, dopo le primissime scene, mi è sovvenuto che non è che proprio avessi perfettamente in testa cos'era successo nel primo. quindi me lo sono riguardato.

poiché tendo, spesso, a postporre la gratificazione, il primo volume me lo sono riguardato con calma. capitolo dopo capitolo. un'emozione interruptus.

tutta questo pistolottino per dire che, di rimando in rimando, il volume due ho cominciato a guardarmelo l'ultimo giorno dell'anno. in quella casa che da sul mare. da solo. e naturalmente, altra emozione interruptus, me lo sono centellinato.

ed un po' casualmente il capitolo 7, "la tomba solitaria di paula schultz" è cominciato poco prima di mezzanotte. e lì son successe due cose:
  • il buon quentin mi ha fregato di nuovo. regalandomi quei minuti di apnea angosciosa, per cui sento di essere travolto emotivamente nel baillame terroroso: mi rendo conto dell'assurdità della cosa, in fondo è solo un film, e tarantino sa maneggiare la narrazione della violenza fino ad irriderla e farla diventare grottesca. però, ugualmente, mi sale l'angoscia [tipo l'accendino acceso davanti al poliziotto inkerosenato ne "le iene". o il primo monologo recitando ezechiele di jules in "pulp fiction". o il dialogo tra il colonnello landa ed il contadino francese in principio di "bastardi senza gloria"];
  • quando beatrix kiddo AKA the bride AKA black-mamba AKA mommy esce dalla tomba, risorgendo, ho deciso di spegnere tutto, con addosso un'euforia inspiegata e nemmeno troppo consapevole. "vado a dormire" - mi son detto - "questa cosa voglio finirmela, nel nuovo anno".
ho realizzato solo qualche giorno dopo cos'era successo. forse alla luce dell'intima psicopippa fossi andato decisamente in scimmia per quella decina di secondi da dentro la bara, poco prima dell'inizio della resurrezione.

senza rendermene troppo conto ho voluto chiudere l'anno - al netto della mia sgarruppata fisse per 'ste cose un po' simboliche - appunto con l'immagine di una che risorge. quasi abbia avuto la [non troppo consapevole] sensazione di avercela fatta, a venirne fuori. venirne fuori, appunto: cosa c'è di più figurativamente efficace di uscire da una bara e risalire dal sottoterra?

e ieri mattina, quando è arrivata una mail da cui, in un paio di hop immaginifici, ragionati, futuribili, mi son visto fuori da là, mi è tornata in mente il fermo immagine di the bride che dice "ecco pai mai, sono pronta", poco prima che cominci a colpire la bara. che poi, guarda a volte i paradossi, è entrando proprio là che ho fattivamente cominciato a venirne fuori, con tutte la fatica che è costata e che costa: tipo le nocche insanguinate di beatrix dopo aver già colpito per qualche volta il legno della bara di cui sopra.

ed oggi pomeriggio ho raccontato il tutto ad odg. odg che non so se abbia letto il post che in fondo le avevo dedicato e di cui ho inviato il link, uscendo decisamente dal setting. non gliel'ho [ovviamente chiesto], non me l'ha [verosimilmente] confermanto. e quando gliel'ho raccontato lei mi ha accennato del fatto era l'immagine della lapide di cui aveva più volte parlato, suggestionata da me. "sembra che stia sotto e sia schiacciato da una lapide", quando le raccontavo della "fatica" di star là dentro. la lapide che sta sopra la tomba, da dove continuo a riguardar scena che si può venirne fuori [peraltro con il pezzo di morricone a far da accompagnamento, con il suo perché]. io, della lapide, al momento non ho ricordato.

poi, dopo, sì: mi è sovvenuto.

ed è come si fossero composti un po' di pezzi: da anticausali che erano. o forse più che anticausali sono casuali: è un caso. forse voglio vederci più simbologie di quello che realmente esistono. però l'infilata combinatoria mi ha fatto, oltremodo, sorridere dentro.

da lì in avanti black mamba colpirà e ucciderà solo con le mani. e il finale, lieto, è che se ne andrà più che appagata dalla vendetta, dal fatto di portarsi appresso l'inaspettata B.B.: è sempre una questione di leonessa che si è ricongiunta al suo cucciolo, e tutto va bene nella giungla.

Monday, January 4, 2016

damned january the 4th [but also not]

l'amica barbara ha condiviso sul feisbuch un articolo in cui si narra esista il giorno del sunday dating: che sarebbe la prima domenica dell'anno. complice le feste i singol vanno un po' in sbadti, e la prima domenica dell'anno pare che si adoperino particolarmente per uscire dalla solitudine, e anche tutto quello che carnalmente significa.

io avevo capito, non avedo letto l'articolo, fosse oggi quel giorno. il 4 di gennaio.

e mi è sovvenuto, per un rimbalzo di associazioni, che ormai 4 olimpiadi come oggi fa conobbi una persona comunque importante per me.

fu la prima conosciuta nel tondissimo 2000. ci vidi un segno. peraltro in quel periodo un segno lo cercavo [e li vedevo, poco sobrio] un po' ovunque. grandi cambiamenti interiori: da pochi mesi la mia apostasia. l'ennesima delusione dall'ambito lavorativo: eppure stavo facendo l'ingegnere. un contesto sociale da ricostruire. stavo cambiando pelle. e soprattutto desideravo una sorta di completamento in una relazione. che non arrivava, ostinatamente, tanto quanto volgessi lo sguardo a chiunque mi destasse un seppur minimo interesse estetico. forse era proprio per questo che non arrivava.

in realtà ero nevrotico come mai sarei riuscito ad essere. non cercavo una compagna, cercavo un simbolo, un oggetto transazionale, sotto le mentite spoglie di qualcuna a cui sottomettermi per rivevirla, secondo un qualche paradigma da amore eterno da cui ancora non riuscivo a sganciarmi. e forse per fortuna non trovai nessuna: sarebbe finita a lamiere contorte. era talmente forte e sbilenco quel desiderio che arrivavo a desiderare qualcuno cui affidarmi, prono.

lei intendeva i rapporti in maniera duale: in cui avesse il bandolo chioccioso della situazione. ben disposta a guidare chicchessia, possibilmente un maschio. non le bastava il compagno, evidentemente. si sentiva chiamata ad un ruolo alto. forse per sublimare la filosofica decisione di non aver figli [che ora mi sembra qualcosa di parimenti distorto].

arrivai io. e dove c'è un masochista ci deve essere un sadico.

sicuramente riconobbe in me una qualche curiosa particolarità. e che una donna, per giunta più adulta, per giunta così [apparentemente] interessante, potesse pensare questo di me mi fece perdere la trebisonda. sublimai subito qualsiasi desiderio erotico nei suoi confronti, forse per l'intuizione ci fosse stata quello avrei sminchiato tutto. meglio venerarla asetticamente. sarebbe stata la persona amica più importante. arrivai ad assurgerla quasi ad elemento apotropaico: insomma, lei mi portava bene!

la nonnetta putativa - mi è venuto in mente anche questo, un paio di settimane fa, quando se n'è andata - capì in un quarto d'ora come girava il fumo quando la conobbe. lei ed il nonnetto putativo mi misero in guardia. non volli ascoltarli, ero troppo in immerso nei vapori innamorevoli, da adolescente con tre lustri di ritardo.

fondai un'azienda con lei. senza aver la minima titubanza. solo perché era lei a chiedermelo. pensai che fosse la cosa più bella potesse accadermi professionalmente. sì, vero, c'era pure il suo nuovo compagno tra i soci, che avevamo fatto amministratore: ma io potevo finalmente far businness con lei e la sua creativisssssima intelligenza spumeggiante.

poi, tre anni dopo, venne giù tutto, di colpo. fu una frase buttata lì. stavamo festeggiando, ovviamente a casa sua, ovviamente sotto la sua ala di chioccia, la consegna di un progetto, uno di quelli che mi costavano miGlioni di ore di lavoro [gratis, e fatica, fatica, fatica], uno di quelli che avrebbe dovuto schiuderci magnifiche sorti e progressive, oltre che un sacco di soldi [ovviamente non accadde nulla di tutto ciò. solo la fatica. gratis]. si mise a discutere con sua madre, sempre più animatamente, e buttò lì questa frase. e lì io capii come intendesse il nostro rapporto, la nostra amicizia: il concetto distorto di non reciprocità. era fondamentalmente merito suo se la mia vita era così piena da poterla avere come amica.

fu uno shock. in un periodo peraltro complicato. fu la prima cosa che dissi ad odg sei mesi dopo, quando andai da lei. evidentemente il terreno era pronto, castrato e soffocato da quel rapportarsi e tutto il contesto aziendale creato. quella frase fu un come incidere il bubbone purulento. dolorosissimo: ma cominciò a spurgare.

per questo stamani, di primo acchito, ho pensato: fanculo, 4 di gennaio.

poi però ho anche pensato di quanto sia stato [dolorosamente, anche] pedagogico tutto questo. a partire dall'imparare quanto può cambiare la percezione e la considerazione di una persona. a rendermi conto di quanto sia ingiusto e sbagliato, per la propria di persona, mettere chicchessia su un qualsiasi piedistallo.

ho pensato che non sarei io, oggi, se non fossi dovuto passare attraverso tutti gli stramaledetti cazzi che si sono succeduti [fatte tutte le debite proporzioni, ovvio. è sempre una questione relativa, neh? i cazzi duri e pesantissimi, son ben altri e nessuno se li sceglie deliberatamente]. perché tutto quello che è stato in queste quattro fottutissime olimpiadi [di lei] mi ha segnato e mi ha insegnato. e forse mi ha pure temprato.

e soprattutto ho pensato a tutte quelle persone che, altrimenti, non avrei incontrato se non avessi incontrato lei allora, e tutto quello che ne è venuto fuori dopo.

ne avrei incontrate altre, ovvio. ma non avrei incontrate quelle che ho incontrato.

di alcune ne avrei fatto volentieri a meno. ma non avrei incontrato quelle che ho incontrato.

è stata [anche] dura. però ho incrociato le persone che ho incontrato.

quindi, per certi aspetti, non sia troppo fottuto il 4 gennaio. ho imparato. ho vissuto. sono diventato [e divengo, ovvio]. che poi ora, lontani, sto financo meglio.