Saturday, December 31, 2016

ancora in piedi

ho appena terminato di scrivere la primissima versione di un racconto. è già qualcosa. considerato il fatto abbia avuto la fievolissima illuminazione del plot quasi un mese fa. e poi ci sia voluto tutto quel tempo per cominciare a metter giù le diciassettemilaepocopiù battute necessarie. sono nove cartelle e mezzo. l'indicazione era di farne al massimo dieci.

tutto quel tempo dal plot all'inizio della prima stesura è paradigmatico. la non proprio fulminea capacità di metter in atto quel che rumino in potenza. anche per questo il racconto è rappresentativo dell'anno che va a chiudersi.

ogni anno ci ricasco, con la storia del post tipo-bilancio-dell'anno. che è l'evoluzione di altre piccole manie annuaristiche che mi si scatenano dentro in questo periodo.

stamani alla radio, durante la conduzione musicale, il manovratore del microfono ha buttato lì la suggestione del perché questo accada. ha a che vedere - intuisco - con il valore simbolico dei momenti di passaggio. quasi una valenza archetipa - intuisco. che su di me ha una certa presa. non tanto per come passerò la serata - in fondo è una serata come un altra - ma per il rimbombo emotivo che questa cosa si porta dietro. è una serata come un'altra ma è quello che accade a ridosso che mi colpisce e - verosimilmente - mi rimarrà più o meno dentro. tanto che ricordo i capodanni da più di vent'anni a questa parte fino ad oggi. il passaggio, appunto.

dicevo del racconto.
e del fatto di come rappresenti, in qualche modo, questo di anno. c'è molto di più, ovvio, nell'anno trascorso dico.
però diciamo che ci ho messo dentro stralci di nevrosi che ho particolarmente sgamato proprio in questo 2016. nasino leggermente adunco compreso [che poi è ovvio sia preferibile fotografarsi frontalmente].

è stato un anno piuttosto complicato pure questo, via. in cui ho avuto la sensazione - spesso, troppo spesso - di agitarmi per rimanere sempre nul mio stesso posto. di fare voli pindarici o stretti giri giostra amarognola e poi trovarmi sempre lì. incerto sull'agire e con la fregola di lasciarlo quello stesso posto. che poi invece per molti ambiti non è stessa acqua di fiume che sembra che è ferma ma hai voglia se va [cit., ovviamente]. anche perché non si può mica prescindere dal contesto, senza farlo diventare ovviamente una scusa, quel fottuto contesto. o non confondendo il contesto con la capacità di essere - io - l'elemento autoimmune che genera tanti blocchi, acciocché il divenire non si riesca prendere proprio a piene mani.
è stato un anno complicato, vero. ma con dentro tanti libri, musica con la pelle d'oca, amici che ricordano il fatto che un senso volendo lo si può trovare nel costruire - pezzo dopo pezzo - le relazioni. o nel fatto di essere presente per un altro: la rete sociale che non ti impedisce di schiantarti al suolo quando uno cade. fino all'intuizione che esserci per altri potrebbe diventare financo il lavoro per cui coricarsi la sera pregni e soddisfatti.
è stato un anno complicato. ma sono ancora in piedi, in salute - fisicamente. e sono consapevole di un po' di pezzi in più. e poiché tutto questo non è per un cazzo scontato direi che va bene così. e non è un benecosì, nel senso che ci si accontenta. ma è un benecosì che tiene allargato lo sguardo su chi questa cosa non può dirla compiutamente. che a migliorare è qualcosa in potenza e che ce lo si augura. però è importante provarci.

un po' come il racconto. ci ho provato.
poi magari, dopo la prima rilettura, mi accorgerò che non mi piace. però almeno da potenza è divenuto abbastanza atto. liberamente ispirato a cose di quest'anno, che sono state tutti atto. ispirati, guidati, eterodiretti, compulsivizzati da istanze che magari erano già in nuce prima: ma poi, in fondo, chi se ne fotte dove si collocano esattamente.
o magari, dopo la prima rilettura, ne verrà fuori qualcosa di meglio. che anche l'editing può essere una specie di rete sociale, suvvia.

devo solo decidere se nella chiusura citare "Le correzioni" o "Purity". tecnicamente ci dovrebbe stare "Le correzioni". "Purity", però, è stato il più bel libro di quest'anno.

che sia quindi prosit.

Tuesday, December 13, 2016

post politico, poi davvero basta per un po'. anche perché a 'sto punto mi ributto su lovvvvvvvo

a dirla tutta sono gli ultimi sussulti di un rivello di tipo unpo'politico. nel senso che a 'sto punto ho anche un po' deciso che me ne fotto. un po' per scoramento sulle contingenze dell'argomento. un po' perché dovrei mantenermi vivo, in questo periodo di buchette da cui entro ed esco quasi con noncuranza. un po' perché poi sennnnnnò sembro - o mi si dà, che forse è lo stesso - uno che si arrovella a dividere tra il noi e il loro e tutta la narrazione da cupiodissolvi grillinica. un po' perché c'è lovvvvvvvvo là fuori che mi aspetta, beh, no, non è esattamente fuori, ma nella realtà asfittica di star davanti ad un piccccì. insomma il solito ombelico onanistico. rivendicato, anch'io, l'ombelico.

comunque.

questo nuovo governo che nasce vecchio. non so dove finisca la non capacità di cogliere quello che è successo dieci giorni fa. il distacco tra realtà e storytelling e tutta la bella compagnia cantante. e dove inizi la tracotanza della prova muscolare. dimostrare come e quanto si hanno talmente tanto ancora in mano le leve del potere. senza che venga il dubbio sia il caso di usare quelle leve come pinze, più o meno stritattutto. fottendosene dell'opportunità. dando per scontato sia pure una cosa permessa, e che la gente poi dimenticherà abbastanza in fretta.

mi sbaglierò - come mi sono sbagliato sul referendum - ma così è come lanciarsi contro un muro. prima o poi il muro arriva. e ci si schianta.

le mie personalissime chicche. un un-due-tre [e quatro e cinque e magari altro po'] da brivido.

meb che le bocciano la modifica della Costituzione e viene promossa. una specie di trionfo del merito all'incontrario. l'han fatta l'emblema del potere di prima. che poi è anche quello di adesso. quindi significativamente e simbolicamente si prosegue, ed in maniera financo più prestigiosa. meb, indimenticabile la risposta da fazio "berlinguer o fanfani?", le chiede il fabio più popular che c'è su raitre a chetempochefa, "fanfani, perché è delle mie parti" risponde. gioco, set, incontro e giù il cappello. le ho già dedicato troppe righe. ben oltre il suo spessore politico.

lotti ministro dello sport è solo una presa per il culo. per un ministero inutile. per l'insider trader del vecchio premier. saranno pure giovani, ma incarnano il potere più interessato come nemmeno i dorotei. a proposito di casta, di anticasta, di novità, di rottamazione.

alfano [parlandone da vivo, cit.] è ministro di ministeri tutt'altro che bruscolini da ottoanniotto a parte i quattordici mesi del governo monti. notevole la strada di un ex scendiletto di berlusconi. poi ti chiedi quali delle colpe dobbiamo ancora spurgare. la prova che non possiamo lamentarci della pochezza al potere. perché c'è alfano che ti rammenta che pochezza è già qualcosa di generoso. alfano che passa agli esteri senza la benché minima esperienza e non sapendo una parola d'inglese perché all'interno, con la gestione della questione migranti, rischia di perdere un po' di consensi. quando verrà a parlarmi di valori cristiani che incarnano lui i suoi, misericordiosamente, lo coprirò di insulti: ma col sorriso, suvvia.

la lorenzin alla sanità. fertilizzata come contronatura la riedizione di quel dicastero. altro che gay e lesbiche.
poletti al lavoro, che lui mica si è vaucherizzato. con giusta causa, peraltro.
la madia, alla pubblica amministrazione, che se ti bocciano una riforma vale come medaglietta da esibire al giro di rottamazione successivo.


ora però basta. ho deciso che 'sto punto provo a non interessarmene. che tanto è un po' inutile. torno su lovvvvvvvvvo. che ho scovato questa macria 37, come da immagine qui sotto. porta [d]avanti due solidissimi argomenti di discussione. spero di potervi dibattere alacremente.

così magari non penserò a questo nuovo gabinetto. né tantomeno all'idea, quasi di pancia e pavloviana, di votare al prossimo giro m5s. per fortuna ci sono il vicepresidentedellacamera di maio e il dibbbbbbba. sono una specie di garanzia. quando parlano riescono, mirabilmente, a farmi cambiare idea.



Wednesday, December 7, 2016

post politico, giusto qualche considerazione puntuale partendo dal post-referendum

  1. nessun problema a ribadire che a 'sto giro non ho capito proprio nulla: pensavo votassero piuttosto in pochi e vincesse il sì, per quanto di misura. quando si dice distaccato dalla realtà. io però lavoro frustrato [per quanto fatturando] come dipendente mascherato, sto diventando sempre più orso e solitario, provo a basarmi su qualche ragionamento e qualche articolo di giornale. non faccio il primo ministro;
  2. ho cercato di votare nel merito della riforma, provando a tenere il più fuori possibile l'antipatia per il presidente del consiglio e il poco entusiasmo - complessivamente - sull'azione di questo governo. un sacco di gente - tanta - ha votato soprassedendo sul merito della riforma e bocciando l'azione del governo e/o per rigetto verso il presidente del consiglio. la pancia, insomma. continuo ad essere minoranza, anche nella maggioranza: giusto così [cit.];
  3. al ghost-writer di palazzo chigi riesce meglio il lavoro quando c'è da commentare una sconfitta, piuttosto che celebrare le magnifiche sorti e progressive con tanto di sputtanamento per chi dissente;
  4. ho ascoltato un po' di rassegna stampa. non ricordavo tutti questi notisti e/o commentatori che segnalassero i limiti dell'azione di governo o criticassero alcuni atteggiamenti del presidente del consiglio. no, perché a leggerli ora, sembra che fossero istanze già note e stigmatizzate da tempo, da parte di un po' tutti. io ricordavo decisamente meno gente da questa parte, e molti sistematicamente bastonati - figurativamente, neh?. però potrei essermi distratto;
  5. temevo il rebound social-mediatico post referendario. un po' perché pensavo vincesse il sì [cfr. non ho capito un cazzo del punto 1) ], un po' perché penso che la campagna elettorale abbia provato fisico ed emozioni di tutti. un po' di rebound c'è stato ed è in corso. affrontarlo con questo risultato è cosa diversa se si fosse imposto l'altro [cfr. ho provato a votare nel merito del punto 2)];
  6. a proposito di rebound [cfr. rebound del punto 5) ] non ho letto/percepito - ancora? - tutta questa autocritica da parte di chi è stato bocciato dal responso. forse perché nel merito - sacrosantemente - continua a credere sarebbe stato meglio passasse quella riforma, piuttosto che no. forse perché la botta è stata dura, e deve essere ancora metabolizzata;
  7. in compenso ho letto non pochi commenti livorosi. ovviamente durissimi con chi è più prossemico politicamente: la minoranza piddddddì e - metonimicamente - bersani. ho letto anche ditini puntati verso milano e i milanesi che si sono addirittura permessi di far vincere il sì. anche per questo il rebound non è stato e non è del tutto semplice. da par mio ho deciso di intervenire il meno possibile, o di spegnere la tivvvvvù. [questo post non fa testo. lo leggiamo in quattro];
  8. l'eventuale attesa dell'autocritica [cfr commenti livorosi del punto 7) ] non sono legati al merito della riforma. se uno la riteneva giusta continuerà a pensarla tale dopo tre giorni, ovvio. bensì al significato del voto a partire dall'ampiezza dei votanti e il risultato netto [cfr. il voto di pancia del punto 2) ]. perché di gente con il bias verso gli egotici ce ne sarà pure in giro. ma non credo saremo poi così tanti, no? quindi se è arrivata una sconfessione così importante è perché qualche problema, qualche distonia tra realtà e storytelling, qualche insoddisfazione, qualcosa che non stia andando per il verso giusto [al netto degli hashtag sul cambio del verso] non sono istanze di solo qualche gufo, no? renzi può stare anche sulle palle, va bene - non so quanto sia effettivamente odiato, non è questo il punto. tutto il destrume da quell'altra parte ci avrà pure marciato sopra, ci sta. grillo ha avuto gioco relativamente facile, con i suoi toni e modi di fare semplicemente deplorevoli, occhei. ma se tutto sommato le cose funzionassero, se ci fosse la percezione si stia uscendo dal tunèl, se si cominciasse a strutturare un'azione complessiva questi risultati al referendum non ci sarebbero stati. ecco, fossi un dirigente, militante, attivista di un partito che continua a dichiararsi come risorsa per il paese, e con la maggior rappresentanza in parlamento, qualche domanda me la farei. me la faccio io, uno che non ha capito bene da che parte è girato [oltre che non aver capito un cazzo di come sarebbe stato questo referendum] che sta tendendo a chiudersi un po' a riccio, forse perché tutto sommato fallito. fossi un po' più nel contesto proattivo mi porrei il dubbio/questione ci sia più che qualcosa da rivedere, e lo sentirei come un pungolo importante. senza pensare che con l'altra Costituzione tutto questo non sarebbe accaduto. magari anche rivedendo certi fondamentali su come ci si pone, e perché no: anche ragionando sul leader e sulla pochezza della classe dirigente obbediente che si è tirata appresso [ma questo è di nuovo il mio bias che un po' disturba, in quanto bias, appunto. però magari nemmeno tanto];
  9. a milano ha vinto il sì, vero [cfr. il ditino puntato del punto 7) ]. mi sovvengono un paio di considerazioni a margine. 
    1. milano è una specie di caso a parte, dal punto di vista politico, delle città più grandi che hanno votato recentemente. è l'unica dove il centrosinistra ha vinto. centrosinistra nell'accezione in cui il pd diventa un aggregatore [un campo, come ho sentito dire da bersani, trattato manco fosse il mostro di milwakee come da lettura di alcuni commenti], verso forze ed istanze che stanno a sinistra. non mi pare propriamente la visione e la missione del pidddddì renziano. magari non c'entra nulla, però fossi un pidddddino attivo [cfr qualche domanda del punto 8) ], una qualche domanda me la farei. 
    2. a milano il sì ha vinto - bene - nel municipio 1, che poi sarebbe il centro. ha perso piuttosto decisamente in municipi dove le zone ed i disagi periferici sono più marcati. forse non c'entra nulla, però magari la storia della diversità della realtà delle varie zone e lo storytelling uniforme et trionfante [cfr le distonie del punto 8) ] quella spruzzatina di distonia nei risultati l'hanno data. ed anche in questo caso, fossi un militante etc...
  10. il mio amico itsoh, sostenitore del sì con la schiena dritta, è quello che mi fa vivere il rebound migliore. alcuni amici suoi, decisamente meno. d'altro canto: ce ne fossero di renziani come lui [cit.].

Saturday, December 3, 2016

post politico, anche se il referendum c'entra fino ad un certo punto /2

si parte da quivi.

al netto di quanto mi fidassi del nuovo premier tutto sommato, nel piddddddì ci ho un po' ancora creduto. l'ho pure votato alle europee pochi mesi dopo. ancora sollecitato da civati. mi sarebbe piaciuto vedere andare in europa tre candidati vicini alle posizioni di colui che, alle primarie, era arrivato terzo. quindi c'ero anch'io in quel 40.8%. e tutto sommato potevo anche aspettarmelo che per mesi sarebbe stato il mantra con cui giustificare qualsiasi azione del nuovo gabinetto. c'era finalmente il suggello popolare. di fatto cominciai a pentirmene il giorno dopo quelle fottute elezioni. quando tanti, troppi giornalisti applauddirono il premier trionfante al suo ingresso nella sala della conferenza stampa. guardiani del potere stocazzo. fottute elezioni solo perché qualche giorno prima era scoppiato il bubbonisssssimo con i miei soci. ora so che fu una specie di benedizione laica. ma in quel giorno, per ogni scheda consegnata ai seggi, mi tornava alla mente la situazione disastrosa di macerie crollate sul mio divenire prossimo, sotto cui mi sentivo un po' soffocare.

quindi, almeno in quell'occasione, ci ho creduto ancora un poco nel piddddddì.

cosa che invece penso fotta fino ad un certo punto al suo segretario. a lui il partito è servito come trampolino per arrivare dov'è arrivato: il governo del paese. anzi: comandare. anzi: il potere. gli serviva un partito. ha trovato quello più disponibile a farsi conquistare. mentre dall'altra parte il padre padrone coi capelli in kevlar sbrandellava e sbrandella qualsiasi suo potenziale successore. il tema psicanalitico dell'uccisione del padre, che qualcuno bravo potrebbe spiegare bene, si ribalta nel sacrificio del figlio. è un altro indizio dell'egotismo assoluto che lo pervade e che gli ha obnubilato del tutto la capacità di guardare oltre sé medesimo.

al premier veloce gli serviva un partito. l'ha trovato. ho la poco vaga sensazione non sarà più la stessa cosa dopo il suo passaggio. con buona pace di molti, tanti, che in quel partito stanno mettendo intelligenze, passione, cuore, tempo. e fanno riferimento al loro segretario, peraltro senza magari somigliargli per nulla. mentre al segretario non credo che questo possa affrangerlo più di tanto. nel mito del cambiamento è pacifico che financo un partito possa diventare altro. affrancato da quelle barbose categorie politiche del secolo breve. serve un blocco elettorale e di opinione che lo sostenga, per poter far sì possa comandare. un partito, qualunque cosa ne sarà, è l'intermediario necessario. comunque si chiamerà. comunque lo si collochi se proprio non si può far a meno di usare come una spruzzatina di quelle barbose categorie politiche del secolo breve.

ho scritto comandare. e non governare. perché mi arrogo l'idea che tecnicamente comandi e non governi. e la mediocrità del suo cerchio stretto di collaboratori, magico o meno che sia, non è così casuale. comanda, rassicura il sistema di poteri più o meno forti o lobbystici che non vogliono esser disturbati troppo dal manovratore. che nel frattempo può cercare di fare, e raccontarla. anzi, si chiama storytelling.

per quanto anche comandare potrebbe financo essere un desiderio legittimo. e son certo lo faccia perché crede di poter dare il suo contributo, importante, ad una nazione. gli è riuscito di essere il più giovane presidente del consiglio. ora sta provando a modificare in maniera importante la Costituzione. tutto nello zeitgeist del cambiamento e del rinnovamento. miti che in sé non sono per niente dei valori. paradigmi che soverchiano il tutto, possibilmente in maniera veloce, efficiente e se magari anche senza troppe intermediazioni. tutto in continuità con il mito fondativo della rottamazione. chi nega ci sia da modificare in maniera importante questo paese? non mi accodo alla risposta facile che cambiare verso significhi farlo meglio. a prescindere.

credo che l'errore fondante stia appunto in questo. basta voler cambiare. il problema nasce dalla mediocrità della proposta complessiva: sia perché ci si circonda di mediocri, e ossequiosi, sia perché non si concepisce il confronto e la sintesi di mediazione. non tanto perché rallenta. piuttosto perché non si riesce ad intendere che qualcuno possa non essere d'accordo. e se lo si intende allora non lo si considera: ecco perché o si è con lui o contro di lui. in un sorta di confronto definitivo e perenne con gli oppositori. qui la lamentosità che c'era con quello di prima si ammanta di sarcasmo toscano. e gli altri son bischeri, possibilmente da liquidare con il gesto della manina.

ora c'è il referendum. domani si incide il bubbone, dopo settimane di campagna piuttosto nauseabonda. ci sarà da gestire tutto il rebound del dopo. ma ci penseremo da lunedì. non è tanto importante, in questo post, cosa pensi del merito della proposta di modifica. credo però sia stato un errore clamoroso, dal punto di vista strategico, personalizzare la tornata elettorale. un approccio meno plebiscitario e avrebbero vinto i sì a prescindere. se lo faranno - scampato pericolo per costui - è perché avranno rimontato dopo aver usato quasi qualsiasi mezzo. tutta roba lecita dal punto di vista legale. non so se tutto e del tutto opportuna. ma tant'è. non so se quella personalizzazione sia venuta fuori inevitabilmente dal suo egotismo. sicuramente ha spaccato in due il paese, oltre a frantumare i coglioni quasi alla stessa quantità di gente.

sarà pure veloce e determinato. ma anche quel suo essere inevitabilmente divisivo è indice di mediocrità egotica. e continuo a pensare che tutti, nonostante tutto, ci meriteremmo qualcosa di un po' meglio. meglio che, a dirla tutta, proprio non si vede all'orizzonte.
la primavera intanto tarda ad arrivare.

Wednesday, November 30, 2016

post politico, anche se il referendum c'entra fino ad un certo punto /1

non mi sento un trascinatore di chicchessia. però ogni tanto qualche psicopippa politica mi viene pure di farla. nonostante il periodo. nonostante tutto.
con qualche premessa, però.
  • matteo renzi non mi è mai piaciuto. ho un fortissimo bias verso tutti gli egotici. forse obnubila un pochetto la capacità di giudizio. forse mi tiene sul chi va là. il bias, dico [tipo il negativity bias funzionale alla sopravvivenza];
  • non sono strutturalmente un elettore del piddddddì. tanto meno un suo militante. quindi posso esalare le mie contumelie incistose senza remore di violare una qualche disciplina di partito. rispondo solo alla mia onestà intellettuale. non è poco. uno è molto più libero di;
  • questo post mi gira in testa da parecchie settimane. poiché sono sul pezzo lo scrivo a ridosso del referendum armaggheddon de noartri. ma col referendum armagggggheddon de noartri c'entra poco;
  • c'entra poco ma con perfetta scelta di tempo esalerò le mie contumelie incistose in aperto contrasto con chi - credo proprio - andrà a vincerlo. sono i sincronismi strategici di uno che pragmaticamente non sempre le azzecca. anzi, quasi mai. non che dovesse venirne fuori chissà che, in caso contrario. è che proprio ho quesa innata capacità ad andare in controfase.

matteo renzi non mi è mai piaciuto. credo di aver sviluppato il mio personalissimo bias pochi minuti dopo averlo ascoltato per la primissima volta. lui non ricordo neppure se era già stato eletto sindaco. fu a "l'infedele" - ricordi apppppalla di quella trasmissione psicopipponica e coltissima. il lunedì. capitò qualche volta che la vicina precedente soverchiasse le arzigogolazioni di lerner con gemiti inequivocabili. dovevo alzare il volume.
dicevo.

lo ascoltavo, lui seduto e a suo agio sulla poltrona principale. si mise a discutere con un vecchio militante di una qualche circolo del pidddddì di firenze. odddddio, discutere. si capiva che tra i due non scorreva tutta questa gran simpatia. dettagliarono su una qualche istanza veramento molto locale loro. roba da sindaco di un paesino ed un astante incrociato per strada. però ricordo il mood, al limite della irriverente tracotanza, che usò con uno che aveva decisamente di più del doppio dei suoi anni. non è che le persone anziane non dicano delle cazzate, neh? ma l'approccio era quello di uno che non ammette contraddizione del proprio punto di vista. mascherato da un tono finto amicale-confidenziale. un tono che faceva risaltare il brio vigoroso del giovane. giovane che in fondo mette a suo posto l'anziano, in nome di un giovanilismo sempre meno idelogico, de-ideologizzato. e che la parte stantia era la parte non de-ideologizzata. rimasi piuttosto disturbato dall'effetto complessivo che ne uscì. anche se, allora, non riuscii a capire cosa mi aveva dato quella strana sensazione. intuii però che quel baldo giovanotto, con l'aria così giovialmente risoluta, non mi piaceva.


poi, parecchio tempo dopo, vinse le primarie. me lo ricordo bene quel giorno. chiesi all'amico itsoh se era lecito che anch'io votassi per un consesso che non sentivo organicamente mio. però volevo appoggiare civati. mi piace parteggiare per quelli più perdenti. andai a votare con la mia socia. forse l'ultima cosa significativa che feci con lei al di fuori del contesto lavorativo. [rientrati dal seggio mi chiese 'ma perché, visto come siamo messi, tu non te ne torni sul lago?'. la domanda mi spiazzò. ma come? stavo resistendo pervicacemente in quella situazione. non volevo esser io quello che mollava. e costei mi invitava a farlo, dando per scontato che ormai significasse poco tener così duro? il fatto è che la cosa mi sembrò più chiara, qualche mese dopo. e comunque non c'entra con renzi. anche se in un episodio le faccende si incrociano].
il giorno dopo 'gazebo' mandò in onda un servizio. la prima giornata da segretario di matteo. con la loro cifra stilistica i gazebiani commentarono: matteo renzi è segretario del pd da nove ore, ed enrico letta è ancora presidente del consiglio. il vincitore delle primarie non mi era mai piaciuto, però mi parve di un'irriverenza poco centrata. tipo una specie di piccola pisciata fuori dal vaso. mi tornò in mente solo qualche settimana dopo.
poi venne il nazzareno, nel senso di quello con i capelli di kevlar che entra nella sede del pidddddddì. un po' rabbrividii. però "se le riforme bisogna farle, non si può farle che con loro". il nuovo segretario del pd non mi era mai piaciuto, però pensai che forse ne avrebbe avuto la meglio. che riuscisse ad avere sorte migliore del suo precedessore con i baffetti [che non mi è mai piaciuto, ma giusto una fettina di meno del sindaco di firenze. nel senso che quello coi baffetti mi dispiaceva di meno. ma giusto una fettina]. riuscire domare quello con i capelli di kevlar. il più grande affabulatore e raccontatore di realtà pro domo sua alla bisogna, nonché incidentalmente una iattura di questo paese. [peraltro che trio di egotici: quello con i capelli di kevlar, l'ex presidente della provincia di firenze, il baffetto]. insomma: magari l'ex rottamatore avrebbe avviluppato e reso inoffensivo quell'altro. non foss'altro per la naturale consunzione di quest'ultimo.
poi venne l'hastag #enricostaisereno. in tivvvvù, con quel piglio un po' da teenager un po' boyscout, rassicurante. il nuovo che avanza, che pure dà del tu ai giornalisti chiamandoli per nome come vecchi amici, non mi era mai piaciuto. però non vedevo ragioni per non credergli. occhei. occhei. aveva giusto dimesso fassina con un "fassina chi?". a proposito del rispetto degli avversari politici. però non vorrà mica prendere il posto di letta. no? specie dopo quella dichiarazione in tivvvvù. cioè, faccia il segretario, vediamo come rialza le sorti del suo partito e intanto quell'altro fa il presidente del consiglio.
e difatti il segretario matteo, ogni sera, pigliava il treno con graziano del rio e se ne tornava a firenze. studiavano sui tavolini del frecciarossa. lui e il sottosegretario in pectore alla presidenza del consiglio. il confidente fidato, l'uomo con cui definire alcune strategie per quando non sarebbe più stato il presidente del consiglio in pectore. del rio omologo di gianni letta per quello con i capelli di kevlar. un altro letta, sì, quell'altro: lo zio del presidente del consiglio non in pectore. quello che nove ore dopo l'elezione di renzi a segretario del pd era ancora primo ministro. cosa poteva aspettarsi dieci settimane dopo?

il mio amico itsoh si chiedeva un paio di giorni di prima, se alla fin fine non sarebbe finita a tarallucci e vino. e nulla sarebbe cambiato. forse se lo chiedeva per scaramanzia. gli risposi che ormai sembrava chiaro anche a me: con il suo nuovo presidente del consiglio se ne sarebbero viste delle belle.

enrico poteva starsene serenamente fuori da palazzo chigi. anzi, da chigi, come lo chiama il nuovo inquilino quando lo nomina su tuitter. forse palazzo porta via caratteri per i tuit. forse è per giovanilizzare il rapporto con i luoghi del potere.
durante il rito dell'avvicendamento ci fu il più sincero scambio della campanella della storia repubblicana, almeno a giudicare dal paraverbale dei visi. nessuno sforzo di mascherare lo stato d'animo da parte di nessuno dei due. il nuovo presidente del consiglio non mi era mai piaciuto. ora sapevo che era anche uno di cui bisogna fidarsi molto, molto, molto poco. [e non avrebbe più preso il treno, peraltro, da quel momento in poi]



[però, non è mica finito. mi sa che continuo]

Sunday, November 27, 2016

il culo oltre l'ostacolo

finirà anche questo lunedì.
passerà anche questa settimana.

non sono linee programmatiche particolarmente sostenibili, mi rendo conto.
confido solo sia qualcosa confinato nella congiuntura e che non debordi nella struttura.

diciamo che è resilienza.
finché resisto.
se resisto.

Sunday, November 20, 2016

post lamentoso. già visti altri, peraltro

volevo scrivere un post in cui mi lamentavo. giusto per sfogar la mia frustrazione. a 'sto giro avrei tirato fuori la declinazione nuova, non ancora esplorata. la chiave di lettura con quel principar di originalità.

però, a questa veneranda e frustrata età, sono ancora vivo. quindi non lo scrivo.

al limite ce ne sono millemila lamentosi con millemila gradazioni di lamentatia indietro di qui. a voler vere pure negli altri blogghe. mi ripeto con una certa noiosa costanza.

se qualcuno vuol avventurarsi peschi a caso. facciamo come se l'avessi scritto 'stasera. [in cui continuo ad esser vivo].

cose così.

Sunday, November 13, 2016

sandddeibblluuus end supersaiszmuuun

il feisbuch mi ha ricordato che ci sta la supersized mood. era dal - boh - 1940eunpezzo che non era così vicina. per altre decadi non accadrà più.
chissà dove sarò, per quelle decadi a venire.
non mi stupirei se anche per allora non incrociassi delle belle infilate di giornate in cui tutto sembra non infilarsi.
tipo questa.
con questa domanda di questa nuova, per quanto già esperita sensazione.
roba che non è nemmeno sunday blues, ma qualcosa d'oltre. un sottile senso di nausea pre-ansiogena. il ticchettare dei minuti che mi separano dal lunedì mattina, e da quando uscirò da quella fottutissima fermata della metro lillà. e terrò lo sguardo basso, giusto per non vedermi inghiottire da quel palazzo acciaio-vetro-cartongesso.
il ticchettiio che riverbera attorno ai seni così doloranti ormai da giorni, senza troppa soluzione di continuità. e quel mal di testa sottilmente assillante. sul bordo di sentirlo non appena ci si distae. le giunture delle scapole [al netto dell'imprecisione del termine] scriocchiolanti. le fasce muscolari del petto indolenzite.
è domenica sera.
ho consumato i miei riti per esorcizzare l'ineluttabilità della sveglia del lunedì mattina. per mesi et mesi li ho eseguiti. con la consapevolezza non dovessero più esorcizzare poi 'sto granché. ma questo novembre, questo periodo, questi giorni sembrano altresì battersene di quei riti. [che poi sarebbero pizza fatta da me, birra, ed una puntata di una qualche serie da guardare sul monitor grande dell'altro piccccì. i primissimi bocconi, quando è calda e croccante sono lo stimolo al gusto di quella che chiamavo - impropriamente - sinestesia. fatto sta che è buonissima].
ma i riti, in fondo, bloccano e portano alle coazioni a ripetere. [d'altro canto, sono nevrotico].
è il caso cominci a pensare di andare un po' oltre. anche se forse non sarà così immediata l'azione [d'altro canto, sono nevrotico].

ora pubblico, senza rileggere. così vado a dormire il prima possibile. e almeno non ci penso più. magari un po' di sonno in più lenirà il dolore sottile alla testa.
e a quel punto non resta che aspettare la telefonata dell'amico luca. quella dela svangatia del lunedì.

Monday, November 7, 2016

enzo - hombre vertical - biagi. ed i ricordi conseguenti

quando se ne andò ero sul lago. ferie forzate. un pezzo di culo [la parte alta] mezzo sbragato che doveva richiudersi da sé. seguii tutti gli approfondimenti che seguirono, anche se qualcuno un po' ipocrita. tanti i tributi, meritati. qualcuno masticò amaro. la grandezza di quell'ometto che si stagliava sulla nanosità di piccoli uomini: alcuni coi capelli in kevlar, peraltro.

me lo ricordo quel giorno. fu un'emozione intensa. perché sentivo di voler bene a quell'ometto. una specie di riconoscenza [maieutica?] per come si era posto e si poneva nella realtà delle cose. sensazioni che s'impastavano con quelle di istanze in altri ambiti, piuttosto diversi. era il mood che tinteggiava quel periodo. dovevo starmene con il culo prevalentemente all'insù. però traboccavo di fiducia molto speranzosa. ero lì, un po' immobilizzato, e trepidavo di tornarmene perché qualcosa stava cominciando. e mi sentivo pieno di voglia di parteciparvi e indirizzare le cose. contribuire con un bel pezzo di entusiasmo. 'ché sarebbe venuta quella specie di soddisfazione professionale. non poteva che andare così. ci credevo ed ero pronto. prontissimo.

invece non è andata esattamente così. anzi: quasi per una minchiaz così.

sono passati nove anni. ed è la solita sensazione dicotomica. anzi no: tricotomica. da una parte sembra poco più che ieri. dall'altra il mondo si è capovolto per un bel pezzo ed è successo di tutto. dall'altra ancora sembra però che sia cambiato poco nulla. e quello che è rimasto non mi piace. no, proprio non mi piace.

l'entusiasmo è evaporato, da un bel pezzo. la fiducia se l'è portata da qualche parte l'incedere delle cose. che succedono, neh?, eccome se succedono. però a me sembra di rimanere impanato più o meno dalle stesse parti. dove ci provo anche a dare delle spallate per muovere il culo. e invece sono poco più che bottarelle, piccoli piriti quasi-comici. che per i più grossi cambiamenti son dovuti scoppiare i bubboni. sennò, magari, sarei ancora più ingolfato e fermo al palo. bubboni che mica ho fatto esplodere io, nemmeno a quello son stato bbbbbuono. purulentano, i bubboni. e poi ovvio che si disfano e scaraventano fuori lo stantio delle cose insonstenibili. [occhei, occhei, forse è un po' forte. però il patetico pulp ogni tanto mi piace]. in miliardersimi mi ricorda un po' la prof di letteratura, a proposito di bubboni. quando commentava, un po' amaramente, che per manzoni sì: bella cosa la divina provvidenza. però per far sì le cose si sblocchino, nel plot del suo discreto romanzetto, deve venire la peste. sennò corcazzo che renzo portava all'altare lucia [la prof, ovviamente, non usava queste espressione idiomatiche poco graziose].
ecco. è questo il fatto. vorrei evitar come la peste una cosa simile alla peste o i bubboni. però intanto il culo non riesco a muoverlo. nonostante tutti i miei abbozzi di sipotrebbeanchefare. è quel fottuto modo condizionale. ragiono, penso, vaglio, considero, scrivoinbrutta, ipotizzo, pondero, immagino. poi rimango avviluppato nella gommosità di quel fottuto condizionale. condizionato a quel che pare essere la mia poca capacità di muovere il culo.

nove anni. sentivo di voler bene a quell'ometto. non mi meravigliò quando scoprii che, partigiano, lo era stato nelle brigate di giustizia e libertà. devo avere una qualche forma di archetipizzazione politica nel partito d'azione. mi prende una specie di emozione dentro, che neanch'io so come. aveva la fottutissima capacità di immergersi nella complesssità delle cose. con la schiena diritta: hombre vertical. nell'affrontare e di spacchettare la complessità per capirla, e farla capire. come una specie di dovere morale.
chissà cosa avrebbe detto dei politicanti da urlo di oggi, appena nove anni dopo se n'è andato avanti. chissà cosa avrebbe pensato del tentativo di ridurre, ostentamente, la complessità in un sacco di slogan. lo facevano già quando c'era lui, figurarsi. anche questo sembra che no, non sia proprio cambiato.
proprio in quei giorni, nove anni fa, feci un sogno che mi toccò. di quelli di cui sarebbe garrulo l'amico luca. sognai di essere sull'appennino. ci ero andato con l'alfagittttivù con cui allora scorrazzavo. ero finito in un paesino, quello dov'era sepolto. volevo andare a visitarne la tomba: tutto molto foscoliano. l'aria era calda. il sole stava tramontando.  la luce rossastra e radente. una sensazione struggente. qualcosa di bellissimo. trabocco di emozioni che nemmeno si sa come raccontare. di quei sogni che quando ti svegli dici: cazzo, è già finito.
forse un tutt'uno con il mood di quei giorni.

provo a non guardarmi troppo indietro. però un po', quella cosa lì, mi manca. minchiaz se mi manca. ma nel senso che manca oggi, qui ed ora. non per la nostalgia per quella che ci fu, allora. ingarbugliato, ma guardo più avanti che indietro. cose così.





[comunque sì, dai, diciamolo. sono stato un pochino melodrammatico. è la congiuntura di questi giorni, suvvia. non è vero che proprio nulla sia cambiato. pochi anni fa, e pochi anni dopo quel mood mi sentivo talmente immobilizzato che un giorno, osservando un'autoclave di "milano spurghi", mi divertii a pensare fosse quasi meglio andare a far quel lavoro, piuttosto che rimanere nella sensazione di quella situazione. anche in virtu del mio essere anosmico. oggi non mi sento così impantanato. vorrei cambiare, certochesì. ma ogni tanto mi diverto a pensare possa accadere per cose decisamente più deliziose. molto più deliziose].

Thursday, November 3, 2016

piccola psicopippa sullammmmmore [intermezzo] troppo veloce anche per i filme

A. mi chiama al telefono. sto guardando la terza puntata di "the young pope".
siamo qui, dietro casa tua, raggiungici. sono con i miei due amici. hanno ribadito tu sia molto simpatico. P. ha detto di muovere il culo che ti offre una birra.
muovo il culo. li raggiungo. interessanti vaibrescion: ho fatto bene a schiodarmi da casa.
noi si gioca ad ordinare birre, bottiglie da una pinta, in quattro. per provarne ogni volta un assaggio. vellicando il palato. cheers, come dicono lassù. P. lavora lì, è in italia poco. cura i bambini, figli della perfida albione.
noi si gioca a dibattere sul referendum. tre a uno per il no, in quella tavola. mi chiedono i motivi della mia scelta. mi tolgo il maglione, arrotolo appena le maniche della camicia. mi sento lieve, anche se un po' contratto - dentro. comincio a raccontare il perché. rintuzzo le obiezioni, argomentando un po' come viene. non sono preparato, retoricamente, come vorrei. ma non sono nemmeno troppo sprovveduto. un altro giro di birra. cheers.
tutto molto amichevole. mi sciolgo un poco. domani tornerò in quel posto a provare a giustificare la prossima fattura. la numero 24.
A. gioca a stuzzicarmi, titillarmi. sono le nostre dinamiche. scherzandoci esorciziamo il desiderio di sano sesso taumaturgico: sst. lei cerca di sedurmi. io ribadisco davanti a suoi amici che potremmo fare la doccia assieme, senza che io ne rimanga turbato. intendo che chi mi ascolta intenda cosa intendo per turbamento. è come una sorella - dico. mi fanno notare che solitamente non si fa la doccia assieme alla sorella.
continuiamo ad argomentare. un altra bottiglia di birra. cheers. P. ricorda di come sua cugina [sua cugggggina, sua cugggggina - semi-cit.] sia rimasta colpita da alcune considerazioni che mi erano scivolate fuori alla sua festa dei compleanno. che poi era la seconda volta che vedevo P. la cugina pensava fossi laureato in filosofia. ho studiato altro. e quella sera non ricordo di aver raccontato nulla di particolarmente pregno di preparazione. è che mi faccio molte psicopippe. qualcosa di macinato pronto all'uso è pur sempre disponibile. ricordo che la cugina indossava una gonna corta oltre che avesse avuto in dono tette decisamente grosse. e per un attimo - le sedute basse - mi era pure parso non portasse biancheria intima. ma potrei sbagliarmi, ovvio.
P. mi dice, per celia, che era convinta mi fossi portato almeno a casa il numero di quella cugina.
no. nessun numero. e comunque, le dico, ricordavo anche di un'invitata molto timida. graziosa. provai a scambiarci qualche parola. ma non sono abile come l'amica A. che conosce gente con irritante facilità e con altrettanta naturalezza fa sentire l'altro come ci si conoscesse da sempre. un po' l'invidio l'amica A. per quanto ogni tanto si becchi delle sonore trombate relazionali. P. mi chiede chi potesse essere quell'altra invitata. e poi in un attimo le sovviene. ed ancora più velocemente le parte un filme. ecco - mi dice - avresti potuto recuperare il suo di numero. è una ragazza speciale. intelligente. molto colta. ed ha delle tette piuttosto grosse anche lei. cazzo. sì. vi ci vedrei bene assieme.
io rimango in sospeso sul ricordo di come mi pare di aver percepito un timido disagio, quella sera, da parte di costei.
P. mi smentisce in parte. strano - ribatte - non è certo il tipo che rimane a disagio facilmente. è molto gioviale. forse quella sera non conosceva proprio nessuno ed è rimasta un po' troppo in disparte.
sì. sì. sì. dobbiamo trovare il modo di farvi re-incontrare. bisogna capire come e dove.
e mi sovviene una situazione strana. quasi dicotomica. perché, da un lato, mi convincono poco queste situazioni da agenzia matrimoniale. dall'altro mi accorgo che è sgombra da qualsiasi perplessità, paura, titubanza, quella specie di visione che mi suggerisce l'idea che sì: perché no?
come guardare d'infilata una serie di cornici. ed osservare oltre, per osservarsi accanto ad una donna. come una specie di ovvia, serena, placida normalità. ed in un momento così rapido - e fugace - dirsi: non avrei poi tutta questa paura.
a prescindere da costei, ovvio. che magari non vedrò nemmeno mai più. ma è come se mi trovassi d'improvviso a tu per tu con questa cosa qua. guardandola in faccia e chiedendole del perché mi sembrasse così estranea.
costei non è neppure un filme, perché ho fatto il salto lunghissimo in avanti. dimenticandomi, appunto, di costei. ma percependo l'essenza di quel miscuglio di cose che dovrebbe essere avere una relazione.
forse è il caso smetta di raccontarmela che non mi interessa.
forse è il caso di prender atto che la cosa mi spaventa sempre meno.
cheers.

Wednesday, October 19, 2016

dialoghi immaginificamente lievi, oltre che belli

- ti ho raccontato di mia sorella?
- sì. cioè, no. che ha fatto in questi due anni?
- si è laureata. ha fatto il concorso per la specialità. diventerà un fisico esperto di quark esotici: il laringmuone e l'otorione(+).
- accidenti! come dicono i ragazzi d'oggi: tanta roba!
- già.
- sei contento?
- per lei sì, ovvio. e sono contento che sia proprio lei a togliermi qualche piccola illusione.
- tipo?
- che il più figo, il più intelligente, quello più capace ero io. alla fine si è dimostrata lei quella più avanti, più capace.
- uhm...
- ...
- anche dal punto di vista dell'intelligenza emotiva, sociale, empatica?
- ...
- su. su. lo sai benissimo di essere passi avanti rispetto la media campanosa delle altre persone. chissà fossi stata donna quanto più oltre avresti potuto essere. probabilmente avrei perso la testa. mi sarei ribaltato un po' dentro.
- uhm. sì. forse hai ragione. da quel punto di vista forse sono più bravo io. ma è poca roba.
- non sono convinto. non foss'altro per quanto mi renda sempre più conto di come sia importante proprio quel tipo di intelligenza. non vorrei fare classifiche, ma faccio fatica a pensare qualcuno di più abile di te, da questo punto di vista. e penso di essere molto esigente. forse ancora di più che con le donne, quelle per cui vale pena perdere la testa, dico.
- grazie. sai che detto da te mi fa piacerissimo. in un'altra vita avremmo potuto innamorarci.
- beh, senza scomodare queste emozioni funzionali alla riproduzione... avremmo potuto viverci il mutuo ribaltamento.
- magari ci saremmo trovati delusi l'uno dell'altro. non trovare sopportabile i difetti. io, ad esempio, ne ho di alcuni che non immagini.
- credo di intuirli. e credo ci sia qualcosa che ho notato, ritrovandoti dopo tutto questo tempo.
- cosa?
- mettiamola così: quell'intelligenza di cui parlavo prima, è come se producesse tanto, tanto, tanto, materiale intepretativo dell'altro, del contesto. mi segui?
- non capisco...
- è come se tu fossi in grado di percepire una quantità enorme di sollecitazione emozionali, percettive, empatiche. e tutto quella montagna di informazioni dovessero essere elaborate, interpetate, anche non del tutto consciamente. macinate. ecco, secondo me produci un sacco di materiale lavorato. e questo rischia di appesantire, di rendere meno lieve il tutto. come se per sostenere  quell'ammasso dovessi dimostrarti più teso e capace e pronto di sostenerlo. e questo rischia di farti sembrare più umbratile di quel che invece sei.
- credo di cominciare a capire...
- dovresti sfrondare, eliminare, e rendere tutto più leggero. ecco: dovresti conquistare levità.
- interessante. e come si fa?
- sei abbastanza intelligente e capace per scoprirlo nel profondo da solo. però, ad esempio, mi verrebbe da suggerirti che far propria l'arte dell'autoironia può aiutare. e molto.
- già. io non sono autoironico, ve'?
- diciamo che conosco gente che lo è di più. però, se ci pensi, è un modo per sgravarsi dal peso di prendersi troppo sul serio. la seriosità non ha mai prodotto niente di buono, incista le persone a sostenere dei carichi inutili. ci pensa già la vita ad essere complessa. scarichiamoci le spalle di fardelli inutili.
- levità per autoironia. faccio un po' fatica a pensare a come.
- beh. quella cosa lì poi viene. credo sia anche una specie di conquista dell'età. quando in fondo smetti di esser costretto di dimostrare qualcosa al mondo. non serve più di tanto centrarsi, cercare una struttura d'essere. e se ce l'hai e ti è chiara: puoi anche divertirti a decostruirla in parte. sorridendoci sopra con intelligenza.
- l'ironia come forma elegante e raffinata di intelligenza. non ricordo dove devo averla letta. però non è facile.
- no. però, ad esempio, se prendi coscienza delle tue nevrosi è un modo interessante per smontarne la presa, il peso: ironizzandoci sopra.
- e come le scopro le nevrosi?
- ci vuole qualcuno che ti dia una mano in questo.
- peraltro è una delle cose che stavo pensando di cominciare a fare, ma non per diventare autoironico. cioè: non fino a questo momento.
- tu ti fai dare un mano. e tutto lo scarto che via via si distacca da te puoi sminuzzarlo con un sorriso lieve sulle labbra. e se, comunque, percepisci appena il desiderio di cominciare a farti dare una mano da qualcuno: non aspettare. fallo. non perdere tempo. ogni giorno che passi con il fardello di una zavorra, è un giorno in più di fatica. con poca, meno autorinia.
- ...
- ...
- ci penserò.
- no. fallo. pensaci quando comincerai a smontare. vedrai che comincerai a ridacchiare: autoironicamente.
- bene. ordiniamo?
- occhei. tu che prendi?
- una cioccolata. senza panna.

Thursday, October 13, 2016

il giullare che fa knock-knock on heaven's door

asserire che conosco bene il giullare tanto più il menestrello sarebbe cosa poco onesta. un po' mi spiace e me ne faccio un piccolo cruccio. mica per altro: con tutto il tutto che hanno scritto o fatto meriterebbero ben altra canoscenza.

ma la mia ignoranza è sconfinata.

però. però. però.

oggi è stata una giornata dalle emozioni decisamente contrastanti. stamani, che se ne fosse andato il darione, è la prima cosa che ho letto. alla radio stavano già riverberando le prime emozioni: quello che fo è stato per radiopopolare credo di non averlo ancora circoscritto del tutto. hanno osservato che se n'era andato il giorno in cui avrebbero il nobel per la letteratura. quel nobel che lui aveva vinto. probabilmente ho abbozzato il pensiero che un nome sui generis, inaspettato, sarebbe stato una coincidenza per celebrare anche il giullare. probabilmente ho cominciato ad allineare le sinapsi per dar principio ad un pre-pensiero che sarebbe stato un coup de théâtre geniale, per un genio che se ne andava, se fosse toccato al robert zimmerman più famoso che esiste. deve esser rimasto al di qua del conscio. quindi non lo posso razionalizzare. ma mi voglio convincere che sia stato financo così.

dario fo è immenso. tanto che ripensare a quello che è stato anche per milano, e per un mood di gente che a milano e intorno vive, e si sente in quel mood, pare quasi cosa provinciale. roba che sarebbe una specie di torto claustrofobico. però in qualche modo mi son sentito avvolto in una specie di abbraccio moodico per vicinanza a quel mood. credo che fosse l'emozione che usciva dalla radio, che ascoltavo con un'auricolare mentre spulciavo la posta e provavo a ri-tuffarmi nella banalità di quel lavoro moderatamente immmmierda. e dar un senso al senso di alterità che vivevo nel trovarmi in quel posto, circondato da quei bravi nerds evoluti. tutta gente se va bene per bene, neh? ma che ho sentito lontani come non mai come questa mattina. ed io nel posto sbagliato. come se l'immensità di quel giullare [che sta raccontando del giullare francesco, in questo momento alla tivvvvvù] mi avesse fatto risuonare quegli anfratti che sento vivi dentro, e tittillanti, e che suggestionano come eco lontane. a volte lontane, a volte un poco meno. mentre devo stare in quel lavoro immmmmierda per poter fatturare. situazioni strane insomma. di commossa alterità.

poi ho dovuto un po' infilarmi in questa giornata. seppure con più alterità del solito.

e poi sono tornato dalla pausa pranzo. dopo aver osservavo con ancora più straniamento tutti i commensali.

e ho letto di bob.

le sinapsi delle mattina che avevano cominciato allinearsi per il pre-pensiero di cui sopra sono rimaste un po' spiazzate. e si sono emozionate, arrossendo come stavo facendo io in quel momento. leggevo e mi pareva una cosa da non crederci, e nello stesso momento mi sembrava la cosa più ovvia. come sdoppiato. e l'ho sentita tutta quella specie di reazione. sdoppiata, come quando viene un abbozzo di pelle d'oca e nel frattempo avvampa un colpo di caldo. devo aver buttato lì il cianciar di qualcosa con la voce un po' strozzata. un collega, lì accanto, non so come, deve essersene accorto: mi sembri che 'sta cosa ti abbia colpito - ha detto. non sono riuscito a replicare immediatamente.

quando fo vinse il nobel avevo appena iniziato il servizio civile. e proprio allora lessi che se la reale accademia di svezia era riuscita a far una scelta così sui generis, allora si poteva pensare che anche bob dylan lo si potesse premiare. ero un giovincello [peraltro pieno ancora di belle speranze. anche quello di essere riverberato da un po' di anfratti che sapevo di avere, ma di cui mi ero preso cura fino ad un certo punto. pensavo di avere un sacco di tempo e che si poteva fare tutto assieme. che ingenuo baganetto ero]. ora sono un po' più cresciuto. osservo desolato le lande tanto, troppo dimesse delle misere messi raccolte nei vari ambiti. ogni tanto gli anfratti risuonano. mentre continuo in questo lavoro immmmmmierda e mi sento financo poco utile.

però. però. però.

l'hanno proprio preparate bene la sceneggiatura di questa giornata. se c'è qualcosa lassù in alto bisognerebbe farle i complimenti  [farle, perché deve essere necessariamente maschio?]. il giullare che fa knock-knock on heaven's door.
[poi non esiste nessuno lassù in alto. ma per un momento, in questo momento, fa quasi bene e così levità pensarlo - lieve come continuare ad ascoltarlo in tivvvvù, in sottofondo raccontare del giullare francesco. o certe melodie delle canzoni del menestrello].

Saturday, October 8, 2016

piccola psicopippa sull'amore/2.2 [ma lei c'entra qualcosa? i film e i trip. ma si ha controllo solo sulla prima mail...]

[qui è quando vidi lei].

in effetti il tripppppe, nel senso compiuto del termine cominciò più di un anno dopo.
nel mentre andai ancora un paio di volte tra il pubblico della trasmissione. ed ogni volta la guardavo muoversi sicura e bellissima in quel guazzabuglio ordinatissimo. è pazzesco cosa accade in uno studio tivvvù. c'è un momento dove tutti calcano la scena: truccatori, operatori di camera, assistenti, autori [tipo lei], venditori di noccioline, tecnici audio, gente con un sacco di cose elettroniche attaccate, cartomanti, visagistadelledive, il divo, certuni che si muovono come se quella fosse tutta roba loro. poi ad un certo punto spariscono tutti, si svuota la scena e rimane il conduttore con il suo sorriso di plastica. roba da rimanere basiti per come riescano a non scontrarsi fra di loro, o calpestarsi i piedi, o inciampare nei cavi mentre eseguono questa ritirata in sincrono. e si può andare in onda.

vabbhe.

il tripppppppe. dicevo. cominciò un anno dopo. stavo raccongliendo le foglie di novembre, dopo che furono state come d'autunno. in quel momento mi sovvenne che avrei potuto o dovuto conoscerla. perché era una donna che trovavo bellissima. faceva un lavoro interessante, cuore pensante di una trasmissione tra le più interessanti. quindi doveva essere anche lei interessante. un nesso causale che a mente fredda fa venire un po' i brividi. per, allora, decisi così per un mics di sensazioni emozional-sentimentali corroborate da un sostanziale distacco dalla realtà. solo che allora mi crogiolavo lisergicamente nelle sensazioni e non capivo quanto stessi distaccandomi. o meglio: ne avevo la vaga percezione, me non mi curavo troppo delle possibili conseguenze.

insomma. era deciso. l'avrei conosciuta. avevo il suo gancio feisbucchiano. bastava mandarle un messaggio. già. il messaggio. cosa avrei potuto scriverle? cominciai ad elaborare versioni variegate. era un bel modo per prendere tempo. e nell'altro tempo coinvolgere in questa macchinazione pezzottata qualche conoscente. nel senso che cominciai a raccontare di quel che avrei voluto fare, introducendo il personaggio che tanto mi aveva colpito e che desideravo conoscere. proabilmente da una qualche parte dei recessi della mente intuivo era una nevrotica minchiata. al di qua del raziocinato ne intuivo l'aspetto - quanto meno - sui generis. però me lo giustificavo pensando che, sì, insomma, era un eccesso di fantasia, ma quando la fantasia va al potere sai che figata! scrissi dei post per smascherare il mio ordito. era il blogggghe precedente questo. ogni tanto la storia di questa da conoscere mi ispirava financo le psicopippe di blog.libero.it/odisseando. coinvolsi qualcuno, forse, perché poco consciamente pensavo che qualcuno tra questi qualcuno mi dicesse: è una minchiata, niente di pericoloso, neh? ma minchiata rimane. e invece quei qualcuno non mi distrassero mai dal proposito. o perché risultavo illusorisamente credibile. o perché chi gliela faceva fare nel portarmi alla realtà? avrei smoccolato o solo abbozzato. e non avrei ascoltato e comunque bastava ci picchiassi il naso. ma in fondo va bene così. perché il naso dovevo picchiarcelo da me. e curarmi l'epistassi.

già. perché poi, dopo più di un mese di reticenze, variazioni sul tema del fondamentale primo messaggio, divinazioni razionaliste-scettiche del momento o della combinazione simbolica di eventi per trovare l'attimo più propizio: pigiai sul fottutissimo tasto send [ci ho il feisbuch in inglese]. fu di sera tardi. mentre rincasavo e decidevo che era il momento di farlo ricordo cumuli di neve sporca, ai bordi di viale gramsci a sesto san giovanni. che canticchiavo 'ho visto nina volare' [prima che metta neve]. era tutto un mood piuttosto cupo e un po' da condannato che va a scontar la sua pena. ed in piena contraddizione scrissi quel fottutissimo messaggio: l'ultima propaggine di ciò che mi era possibile controllare.

dopo, il bagno di realtà.

già. perché in realtà il tripppppe prevedeva anche una sorta di sceneggiatura. perché qualcosa sarebbe dovuta o avrebbe potuto succedere dopo quel fottutissimo tasto send. era il bagno di realtà. appunto. perché la cosa si sarebbe acclarata pure a lei. fino all'attimo prima di quel fottutissimo send era un tutto un volume considerevole di matasse fastasioseggianti mie. più qualche post scritto e qualche amico coinvolto e un po' sfrancicato [oltre eventualmente i suoi coglioncini] dalla mia surrealistica impresa nevrotica. dopo il fottutissimo tasto anche l'autrice del programma che mitizzavo, quella bellissima rappresentante dell'acqua e sapone, con i suoi occhiali, il suo quadernone da usare a mo' di scudo, il sul cellulare appeso al collo con l'apposita cordicella ne sarebbe stata coinvolta. pochi percentili rispetto a tutto il construtto che mi ero fabbricato prima di quel fottutissimo send. avrebbe continuato ad osservare il pubblico seduto in attesa nello stesso modo. forse, per una piccola increspatura del vagolare dei pensieri, le sarebbe anche sovvenuto che ce n'era stato uno che, da un punto lontanissimo del suo mondo, l'aveva contattata. avrei potuto esser lì la puntata precedente, dal suo punto di vista. probabilmente il pensiero più lineare, semplice, diretto. da che ne sapeva lei c'era voluto un pezzettino di sbattimento a scoprir come si chiamava ed abbozzare un messaggio e premere il tasto invia [magari lei ha il feisbuch in italiano]. ma tutto iniziava e finiva lì. poco o nessun iato tra la curiosità di quella cosa, magari sui generis: un messaggio di uno del pubblico della volta precedente e la lieve e veloce sensazione di leggerlo, magari farci un mezzo sorriso sopra, e poi proseguire nella sua realtà. camminarla senza nemmeno farsi sfiorar dal dubbio che la sua, di realtà, potesse mai essere nemmeno impercettibilmente deviata. tanto meno lontanamente immaginare lo iato che invece scorticava me: tutti gli artefatti nevrotici cubati in quelle settimane e l'attesa di un qualcosa che poggiava il suo fulcro sopra un terreno simbolico, consistente come zucchero filato. che di dolce non aveva proprio nulla.

il trippppppe divaricava. il mio turbinio, che si era un po' fatto loop, e l'inconsapevole levità di una ragazza che teneva il suo quadernone a mo' di scudo protettivo e che ignorava tutto il [mio] resto. e per fortuna, del resto. come se lei, in fondo, non c'entrasse praticamente nulla. se non la piccola causa prima - inconsapevole ovvio - tipo il sassolino scalciato che rotola, e poi viene giù la valanga. anche questa distonica proporzione era trippppppe.

era bastato quel fottutissimo send. per quanto ci fosse voluto un sacco prima di arrivarci. aveva unito il lanosissimo sgorbio dei miei puntini, che sembravano una nebulosa, al suo. tecnicamente è lì che si è creato una specie di legame, di contatto, dopo tutto il mio maremagnum di peregrinazioni fantasiose. per quell'attimo è tornata a c'entrare anche lei: per il resto fuori dai giochi, visto che giocavo a svariegati solitari.

e soprattutto, quel fottutissimo tasto, era il punto apicale di tutto quello che potevo tenere sotto controllo nel mio inventarmi svariate realtà future. un discreto numero avrebbero potuto propagarsi da quel momento. avevo solo facoltà di decidere cosa scrivere in quel fottutissimo messaggio. dopo il send poi sarebbe venuta la realtà delle cose. io le avevo solo immaginate, e nemmeno tutte, ovvio. e per ciascuna c'erano dialoghi immaginifici. che davano il contributo interlocutorio ai miei film, per quanto brevi che se li avessi anche allungati e allargati allora sì che uscivo dalla nevrosi ed entravo nella psicoticità.

il fottuto tasto e lei, un soffio lieve nella sua vita, ed era coinvolta, anche solo l'attimo di un respiro. il fottuto send ed ero di fronte la realtà: la cosa che non avrei potuto controllare ossessivamente come le parole - limate, ripensate, ri-organizzate - di quel coacervo di messaggio. tutto si raggrumava su quel fottuto tasto send. click.

tecnicamente poi, tra le altre cose, lei rispose anche.

[ma per questo, e per quello che avrei ripetuto anni dopo, ci vuole un altro post].

piccola psicopippa sull'amore/2.1 [ma lei c'entra qualcosa? i film e i trip. ma si ha controllo solo sulla prima mail...]

insomma, chissà se questa susanna...[di susanna, si parla in effetti un po' quivi...]

poi, in quel corrodoio stretto, con la gente un po' in fila un po' fremente di entrare nello studio, apparve lei.

sono stato uno da [pseudo]innamoramenti nevrotici, zerbinamenti infausti, invereconde ritirate dalle sterminate pianure dell'assertività. però quelle sensazioni dove si allenta la mandibola, le spalle un po' si piegano lasciandosi andare, e lo sguardo proprio non riesce a staccarsi da costei si contano sulle dita di una mano. non è una questione di colpo di fulmine. è qualcosa di ancora più catatonizzante. tutto il resto è rumore di fondo, quasi sfuocato. come guardare una scena di un film un po' didascalico e banale. tutto attorno a lei che si muove come comparse troppo artefatte. come un impetuoso vento che muove al rallentatore i capelli al vento di lei. che procedere convinta verso di te ma rimane sempre lì, mentre la luce è cono che fa brillare solo lei, lo sfondo che si distacca 'ché si fa più scuro. una scena [banalotte, suvvia] che però mi ricordo così, insomma. quando apparve lei.

ora. le donne brutte sono altra cosa. lei era oggettivamente graziosa. ma come capita ad un sacco di donne graziose. davvero, sono proprio tante. però in quel corridoio mi accadde quella cosa lì. mi si era consustanziata questa specie di intuizione. magnetica, totalizzante, spiazzante. non ero ancora riuscito a elaborare quella sensazione, che in un attimo mi aveva rapito e già iniettato in vena la sindrome di stoccolma, che lei era già sparita. apparsa e scomparsa. chiusi gli occhi un poco, scossi un poco la testa per ritornare un po' in me. le comparse erano scomparse ed erano riapparse le altre persone nel corridoio, quelle di prima. fremevano per entrare nello studio. lei, sparita. non so per quale consecutio mi venne da pensare fosse una che null'altro doveva fare, tranne che contare le persone in fila in quel corridoio, stretto.

poi entrai nelle studio. mi sedetti. mi guardavo in giro per cercare di scorgerla. e d'improvviso riapparve. solo che era quella che dall'angolo degli autori si alzava ed andava a confabulare col fabio nazionale. gli mostrava dei fogli, sottolineava, scriveva, rispondeva al telefono che teneva al collo con un cordoncino. osservava noi seduti su quegli spalti. pareva centrata in quel ruolo. sicura di sé e nel contempo signorilmente distratta da noi seduti ed in attesa. come se avesse visto così tante volte quella scena che ormai non la catturava più. tipo sulla metropolitana, che osservi persone mai viste e che non vedrai più. ma questo ormai fa parte del tuo vivere noto, gestito, macinato. dovevamo apparirgli così. mica poteva immaginare ce ne fosse uno lì in mezzo, con la mandibola lasca e che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. non contava le persone in fila nel corridoio stretto. contava parecchio in quella trasmissione - e che trasmissione. e quella trasmissione la scriveva anche lei.

al termine della puntata mi prese una nostalgia malinconica lancinante. non poterla più addocchiare in quell'angolo. era lei ad alzare il cartello quando fazio diceva "abbiamo ancora tre minuti". finì la puntata e lei sparì. nella serena coincitazione dopo il "grazie a tutti, ci vediamo la prossima puntata". fine.

poi la vidi uscire dalle porte a vetro degli studi di corso sempione. mi ero attardato con una specie di ex amico che mi ero portato appresso. senza crederci troppo sperevo di re-incrociarla. ed invece eccola, uscire sola, quasi dimessa, come un'impiegata qualunque. un quadernone sotto le braccia conserte a mo' di piccolo scudo, una borsa a tracolla. incrociammo lo sguardo. ed io pensai che dentro in quel quadernone probabilmente c'era la puntata del giorno successivo. e che lei era qualcosa di bellissimo. che una donne così bella e che faceva così bene il suo lavoro, quel lavoro, non poteva che essere una da incrociare per bene nella vita. perché la consecutio era che doveva essere una donna interessante. per cui valesse la pena innamorarsi, o quella cosa lì. una specie di conclusione di un teorma che girava solo nella mia testa.

prima, ovviamente, era da conoscere. bisognava trovare il modo per. stava già germinando la mia nevrosi nell'accezione lisergica del trippppppe.

di susanna, in effetti, non mi fregava già più nulla.

[che poi il trip deve ancora venir acclararsi. in un altro momento, suvvia. ora ho sonno]

Thursday, October 6, 2016

piccola psicopippa sull'amore/2 [ma lei c'entra qualcosa? i film e i trip. ma si ha controllo solo sulla prima mail...]

si partiva da quivi.

qualche anno fa mi partì un bel trip. c'è chi lo fa con le pasticche. io tecnicamente, poiché ho il braccino corto per questo genere di espedienti, me li faccio agggggratissse. tanto ho le mie nevrosi che mi fanno da pusher.

dicevo del trip.

andai ad assistere ad una puntata di chetempochefa. mandai una mail all'indirizzo che si vedeva scorrere al termine dei titoli di coda. allora i miei miti erano tutto sommato [più] banali che ora. da allora qualcuno l'ho fortunatamente demolito. anzi, probabilmente un po' tutti. fazio ed il suo programma, savàsandddiirrr, era tra questi. le ragioni erano variegate, ma non aiutano l'economia di questo post, quindi le lascerei perdere. insomma, mandai la mail. mi rispose susanna, che sostanzialmente doveva gestire ed organizare il pubblico non pagante. senza che nessuno l'avesse previsto cominciai ad avere una breve ma interessante corrispondenza con costei. quando arrivai agli studi di corso sempione ero piuttosto curioso di vedere com'era fatta. credo che la curiostià fosse tutto sommato corrisposta. la incrociai, un viso affilato, ed una voce profonda. un po' di imbarazzo, ma di quelli che si supera ostendando una sicurezza nel porsi con fare understatement-distaccato. sicurezza che in realtà era appena puntellata, tipo con gli stecchini. insomma. comincio a chiacchierare con susanna, per quanto lei sta lavorando e facendo la punzonatura di coloro che devono entrare in studio. depositiamo i cappotti o quelle cose lì. e poi le liberatorie. nel mentre lei si muove con sicurezza nel corridoio, stretto, dove siamo in fila. appone qualche pecina a marchi evidenti su maglioni o quelle cose lì. quando passa accanto a me butta lì una mezza frase, un cenno di intesa. come: sto lavorando ma in fondo sto mantenendo un livello di interlocuzione non distratta esattamente con te. sai che però, questa susanna, forse è financo interessante? c'è da trovare il modo di continuare ad interloquirci quando sarò fuori da qui. chissà quanto lo conosce bene fazio. chissà se ha qualche aneddoto da raccontare. chissà se c'è qualche margine di manovra, in qualunque ordine e grado, con lei. sembra a suo agio nel suo mondo, che un po' mi incuriosisce, suvvia. chissà se e come anche lei ha un qualche ruolo un po' più interessante che gestire le code degil spettatori. tra un po' si entra. chissà dove se ne va lei. ah, questa susanna. che colpo di fortuna che è stata. l'avrei mai pensato che uno si prenota per andare ad assistere alla trasmissione che rappresenta un personalissimo mito, e poi incrocia una che in fondo risponde a chi vuol far parte del pubblico, mette qualche pecina, si muove agevolmente in quei corridoi stretti. però magari saprà fare anche qualcos'altro. anzi, una che sembra così sveglia et smart, per forza dovrà essere impiegata in una qualche attività più all'altezza delle sue inevitabili capacità, no? ah, questa susanna. se mai capiterà di uscirci che non mi venga in mente di partire a canticchiare la canzoncina un po' idiota che porta il suo nome, al netto dell'esclamazione: oh [susanna].

[continuo in un altro post. in un altro momento. posto che il trip con susanna...]

Friday, September 30, 2016

il boogie dell'amica liude e dell'amico luca

l'amica liude e l'amico luca [mica tanto] quasiquasi si sposano.
nel senso che convolano ma per sulseriamente.
fa un po' strano, di primo acchito. penso che per certi aspetti faccia lo stesso effetto anche a loro. fa un po' strano perché non si può dire che sia il coronamento di qualcosa che sono quindici anni che [intuisco] costruiscono pezzo a pezzo. quindi, senza rimanere intruppati nell'ordinario, fatico un po' a ragionare in termini di coronamento, quando quello che conta è il passo dopo passo. è un po' tipo la stessa ragione del viaggio, che è viaggiare. mica coronare.

certo. certo. è un passaggio importante. tanto che ce lo vogliamo festeggiare garrulmente per bene. e sono piuttosto convinto che tutti - tutti - saranno lì in maniera poco formale. ma perché all'amica liude e all'amico luca si vuole bene. a cominciare dalla bella sintesi son riusciti a mettere assieme. che fosse solo per il testacoda italico sarebbe quasi banale. ma è per quel loro completarsi a vicenda. quello che sborda da uno è l'altro che lo accoglie. quello che manca ad uno è l'altro che ce lo mette. dovrebbe essere così [intuisco] in un po' tutte le coppie. non sono molto ferrato, dal punto di vista esperito sull'argomento. però per l'amica liude e l'amico luca mi arrogo un po' di certevolità lo sappiano fare decisamente meglio della medievolità di un sacco d'altri.

sanno benissimo e a memoria dove vogliono arrivare. anche perché sanno benissimo da che parte sono partiti. ed io me la sono vista bene quella scena, ex-post, di lui che si fa riconoscere da dentro la sua auto, e pensa ai minuti piuttosto contati, che poi crescerà la coda in autostrada per l'argentario. e che però, per cortese garbatevolezza, non lascia trasparire nulla: dandole la libertà di prendersi il suo tempo. e me la vedo lei con il suo sguardo elegante ed un po' timido che gli dice, chinandosi appena, perché i visi arrivino alla stessa altezza: so che sto facendo una cazzata. perché quando i visi si osservano con la reciprocità di porsi sulla medesima vaibrescion si può andare lontano. ed è un oplà di quindici anni. decidendo di andare al passo del passo dopo passo e vediamo cosa viene. si può andare lontano, e sono andati lontano, in un fottutissimo mondo adulto. si può sbagliare da professionisti. ma poi si sa che dopo un passo se ne farà un altro. e per questo ci vuole una grazia che mica in tanti possono garantirsi.

e noi saremo lì a festeggiarli, l'amica liude e l'amico luca. che nella sostanza non cambierà nulla. il boogie risuonerà sempre lieve, ironico, soave, perché sanno benissimo e a memoria dove vogliono arrivare. che poi sarebbe la storia del non fermarsi.

l'amica liude e l'amico luca si sposano. non si corona niente. è un abbraccio svolazzante che si fanno. è un passo di danza per poi ricominciare con il passo che viene dopo. non servono cose roboanti. a noi non ci impressionano mica più. è il passo che viene dopo è qualcosa che regala una stilla di cose belle a questo fottutissimo ed ingiusto mondo. è una stilla. però c'è. quindi anche questo ha nel suo nocciolo tutto l'amore che può salvare il mondo. ed è la loro.

e pace se questa sensazione strana che avviluppa pure me è un inganno di quella cosa che condividiamo, quella cosa che fa provare i sentimenti. sentimenti che declinano negli svolazzi lievi come fosse un scivolare di passi di boogie. declinano grazie quella cosa che chiamano anima. che bell'inganno sei, anima mia. e che bello il tuo tempo, oggi. e che bella la compagnia, assieme a questa, a costoro. all'amica liude e l'amico luca.

 e quindi che si alzino i calici.




Sunday, September 4, 2016

piccola psicopippa sull'amore/1 [lei ed io? o è solo il mio sistema endocrino?]

se la serenità mi si avvince ogni tanto mi parte qualche psicopippa che supera l'orizzonte del mio ombelico.
tipo una cosa sull'amore. nel senso del sentimento che fa rima con cuore. robetta da nulla, peraltro non particolarmente originale. se ne parla da qualche millennio, in tutti i modi e modalità. ne avran ben tirato fuori una sintesi finale, no? che mi ci metto anch'io? seppure in millimiliardesimi, ovvio.

peraltro psicopippa non del tutto srotolata. intanto comincio a scivere.

il tutto è partito da un fatto potenzialmente esperito, ipotetico, che non è in essere. che forse è solo una specie di reazione anticausale dal punto di vista endocrino: ossitocina, dopamina, serotonina a palla, tutte e tre. cosa [mi] succederebbe se finissi come da accezione anglofona fall in love. che quelli son pragmatici: si casca nelle braccia dell'ammmmmmmmmmore. che dovrebbe essere un po' lasciarsi andare nell'altro. che mi si pittura nella testa l'idea di un lanciarsi più o meno senza rete sotto, però quanto meno dovrebbe esserci l'altro.

già, l'altro.

ho immaginato di come quel cocktail endocrino, con quel mics di neurorecettori, fosse così legato all'altro, specificatamente quell'altro. l'altra persona, quella che rende sensato e senziente quell'irrazionale desiderio di andare ed agire. a me si delinerebbe con una donna, compatibilmente con i miei gusti sessuali. donna, quindi. per quanto potrebbero essere un po', che attivano chissà quali centri della mia testolina. ed io mi sento sciogliere in sollucchero, anche se solo figurato. non so perché solo alcune e non altre. ed in fondo mi interessa capirlo fino ad un certo punto. anzi, chi se ne fotte [non nel senso figurato. anche perché con costoro, con una donna di questa categoria ci farei l'amore. che un fio alla distinzione tra il fottere e il fare l'amore non può non esserci in un post sull'amore, che fa rima con cuore. per quanto cinico e razionalista scettico sia].

insomma, l'altra.

e mi immaginavo di esser lì con costei, così come di entrarci in una sinestesica comunanza di sensazioni, verosimilmente belle, solluccherose, piacevoli. come se, per alcuni momenti, non esistesse null'altro che lei, l'altra. come se quella tensione a lasciarsi andare, il volo senza rete, fall in love, fosse la cosa più inevitabile. [cazzo: guarda che casino combinerebbero quelle tre -ine, sostanze secrete, a trovarsi a pensare all'altra - condizionale, che l'altra non è solo ipotetica]

già. ma poi mi son chiesto, spietatamente: quale altra? o meglio: è l'altra o il riflesso dell'altra, se non addirittura la sua effige, che poi vorrebbe dire la sua mitizzazione?
e quindi ho avuto la strana sensazione - stavo guidando, avevo appena portato in discarica una cucina vecchia - di come si coinvolga o si travolga l'altro in qualcosa che poi è strettamente personale, privato, intimo. come intimo è il mio sistema endocrino, no? quindi ho intravisto uno iato. come se da una parte si pensasse all'altro come causa e fine. e in quel fine metterci una specie di senso, importante. ma soprattutto elemento trainante, generatore. mentre dall'altra, forse in realtà è una specie di elemento passivo, subisce, credo in maniera del tutto involontaria. io - nell'ipotesi - mi sento così coinvolto e con il cuore che accellera quando la penso. mentre in realtà non è che il mio sistema endocrino. penso che causa e fine sia lei. però potrebbe essere anche un'altra lei, in un altro momento, in un altro contesto. e quindi, se tanto mi dà tanto - o per inferenza - non è che quella cosa lì è affare sostanzialmente privato? e l'altro ne è coinvolto, seppure a suo malgrado?

e qui mi fermo. che il ragionamento è contorto. ma prosegue, ovvio...

Thursday, September 1, 2016

altrovismi

e niente.
avrei potuto essere da un'altra parte questa sera.
che poi nella vulgata pragmatica si poteva anche scrivere "avrei dovuto". ma non in quel modo marziale e spigoloso del dovere: inteso come verbo, il contraltare strutturale del sostantivo, che non sempre ha connotazioni del tutto negative. dipende, il dovere, come l'accompagni.
ma basta con questi arzigogolismi, o arzigogolevolezze, o arzigogolevolità.
dicevo.
si sarebbe potuto scrivere "avrei dovuto". che la sfumatura del condizionale [aiò, avevo detto basta agli arzigogolamenti] lo rende più dolce, affettuoso. "avrei dovuto" suona melanconicamente di qualcosa che avrebbe potuto essere. e poi la vita, un po' di vita, va da un'altra parte. senza che questa deviazione non riesca a non un essere po' a sorpresa. senza che la si sia meditata, preparata, studiata, pensata, ragionata, ponderata. deviazione, e così venga.

è servito anche questo, deitticamente, essere qua e non dall'altra parte, a guastarmi l'umore nei bei modi delle crisi isteriche di ragazzina adolescente. roba che svuota di energia all'improvviso. roba che ogni passo per entrare nella fottuta metropolitana, una volta usciti da quel fottuto palazzo, si facesse più pesante e lento. quasi che al binario ci si arrivasse asintoticamente. roba che metti in fila tutte le cosucce cosìcosì che son state inanellate nella giornata. solo che non sono in fila, ma in circolo. e quindi continui a passarle sempre più velocemente, e non finiscono mai. e si alluppano. e si fa sempre più fatica a far il passo dopo per arrivare al binario.
roba che non hai nemmeno la forza di prendere quel fottuto libro e leggere. giusto prendersi la testa tra le mani, con i gomiti appoggiati appena sopra le ginocchia. e mandare silenziosamente affanculo la tempesta ormonale che c'è nel sedile accanto, tra due giovini. che lui risponde a monosillabi timidi, lei lo sconquassa di domande, con la vocina dolce. ma in fondo si percepisce dove vorrebbero essere quei due lì, altro che in metropolitana.

e tutto si è come ripresentato. l'eterno ritorno delle buchette razionali. ci finisco dentro. con l'idea di non essere più in grado di uscirne. e questo giustificasse le mie pavidità, il non buttarmi, il non provarci, lasciar perdere: anche con una ipotetica donna. perché sono qua. e non là. e poiché questo è un dato di fatto potrebbe essere uno stimolo per.

ed invece, con l'eterno ritorno, son qui che me la remeno blogghicamente. ritornarci e scriverci sopra. mai con sintesi e mai senza refusi. come un'adoescente un po' isterizzata qualsiasi. sfogar le mie frustrazioni, piccole, grandi, medie, qui dentro. a tornar all'eterno ritorno, che poi tecnicamente dovrebbe essere pure questa una nevrosi. continuare a tornare per dilatare il momento, che vieppiù rischia di diventare incazzoso.

qui. invece che altrove. che può essere altro che dall'altra parte. dovrei avrei potuto essere. anzi deve ormai essere altro. basta che non sia il qua come ora. altrove. per cominicare ci vuol solo quel pizzico di coraggio. e meno pavidità.
cose così.
intanto vado a dormire. così la chiudiamo qui, tanto ormai qua sono. meglio andare avanti. sinestesicamente.

Thursday, August 25, 2016

il manuale 3D e l'incubo delle passioni

c'è un passaggio in "contact" in cui il multimiliardario giappo spiega alla fascinosascienziata jodie come leggere il manuale che gli "alieni" hanno inviato sulla terra, dopo essersi messi - appunto - in contacto. "alieni" che peraltro usano una banale modulazione in ampiezza [però lo dice il libro da cui hanno tratto il filme]. sulle armoniche a più alta frequenza sta altresì la ciccia informativa del manuale medesimo: pagine e pagine per definire il vademecum per realizzare la macchina per andare da loro. dagli "alieni" dico. appena scoperte quelle informazioni gli scienziati normali non capiscono come leggere l'insieme di quelle pagine. c'è sempre un lato di troppo che non si raccorda con le altre. il multimiliardario giappo, con nipponica maestria  da ccuuuupdeeteattRR, fa partire un'animazione powerpoint evoluta. e suggerisce il pensiero laterale di immaginare quelle pagine nelle 3 dimensioni. leggendolo come un libro nello spazio le pagine si raccordano magnificamente [tripudi di effetti pauverpoint]. il manuale è interpreato e fruito. la macchina viene costruita. in prima istanza non va su jodie [perché il predicatore che jodie si zompò qualche anno prima ad arecibo è diventato importante, nonché ascoltatissimo consigliere spirituale del presidente e: mica può mandare su una che non crede in dio, no? in realtà non vuole che vada, perché llaaaaamaa, o forse vuole ancora zomparsela, o entrambe le cose messe assieme]. poi la macchina si fracassa per un attentato [il bombarolo suicida è WASP con i capelli biondissimi ed una faccia moderatamente inquietante]. intanto il multimiliardario giappo ne ha costruita un'altra pari pari, altro ccuuuupdeeteattRR. e jodie va su. intermezzo onirico del suo viaggio per corridoi spaziotemporali usati come metropolitane. finale che alla fine non le credono sia andata su. ma lei ci è andata. ed in fondo chi l'interroga sa che ha ragione lei.

non volevo farne la sinossi. però mi è venuto in mente il filme, oggi, da odg. soprattutto la storia del manuale, che non si riesce a mettere assieme e tirarne fuori il contenuto.
mi è sovvenuta questa pittura mentale quando le ho detto che fatico a tener assieme due aspetti di me. e fatico a immaginarmi di essere la stessa persona che li vive entrambi. come se guardandomi non riuscissi ad vedermi un unicum, olistico con quei due modi di percepirmi. come se per vedermi nelle mia completezza dovessi guardare contemporaneamente avanti e dietro [o destra e sinistra]. cosa che fatico a fare, per quindi non osservarmi nella mia poliedrica intierezza.

uno è l'aspetto che è uscito spesso con odg. e che non mi pare di dover condividere qui. se non per un metoniminico umanesimo-spirituale.
l'altro è quello che è uscito spesso qui. e che accenno ad odg -  smussandone le definizioni, e con cesello perbenista - del satiro dal sesso ossessionato sopratutto perché solo sublimato [no, non sono solo onanismi].

ecco. sono entrambe queste cose qui. e mi paiono distanti. una volta la sintesi mi sembrava la soluzione di un'equazione senza risultato [cit.]. ora che sono un po' più affrancato dal moraleggiamento cattolico, di cui mi sono imbevuto per anni, le cose sono meno da numero immaginario.

resta il fatto che ogni tanto la parte satiresca si acquieta un po'. tipo in questi giorni. ha sguazzato per settimane. un po' per reazione da chiusaunaportasiapreilportone [un cazzo, nella versione figurata, non rappresentativa di un utilizzo intensivo del]. un po' perché il caldo, la luce, l'estate, la natura che esplode mi fa questo effetto. e soprattutto è così piacevole starsene ignudi con la finestra aperta e fa anche un po' più sangue sentire quell'appiccicaticcio sudaticciamento, che in fondo è uno scambio di liquidi biologici.
e invece no. la vibrante porzione ora un po' si è calmata. e sono un po' meno squassato intimamente. e tutto sommato penso che non si sta poi così male. starsene un po' con l'ormone rilassato, per quanto non soddisfatto.

e mi viene in mente il sempiterno verso killer-application di franco battiato: emanciparsi dall'incubo delle passioni [che l'arrangiamento sembra seguire lo svolgimento della melodia che si apre a ventaglio, solo che poi l'arrangiamento sventaglia ancora di più, quasi ad andare in dissonanza].
anche se poi, a pensarci ancora meglio, battiato ha scritto quel verso ormai più di un quarto di un secolo fa. non è che, a leggerlo in 2D, uno pensa che debba essere sempre così?
cioè: franco, non è che intendevi emanciparsi dall'incubo delle passioni, ma poi ci si ritorna dentro, perché noi siamo fatti anche di passioni? non è che così tagli fuori un pezzo ontologicamente imprescindibile di ciascuno di noi? non è che ci possiamo emancipare da un incubo, per poi farci pace e trasformarlo in un sogno? non è che una volta andati a cercarlo - come da titolo della canzone, al netto della trasformazione deittica che in realtà sarebbe "e ti vengo a cercare" - lo si è trovato, e magari poi si ritorna un'altra volta. e magari nel mentre diamoci dentro con le passioni? non è che le cose possono stare assieme?

non è che bisogna attivare il pensiero laterale. e leggere il manuale nello spazio, invece che nel piano?...

franco?
ehi franco?
francooo...?
aaaaaaffrranccoooooo?
ci sei franco aapppapà?
oooofffffranggooo...
frengggooooo?
ma guarda un po' sto frengooo e chi t’è stramuort...


niente: emancipato.
lui, almeno.

Thursday, August 18, 2016

la via [per provare a creare] e l'ossessione [per la trombatia]: con lovvvvvvvo, cazzo, quanto tempo si perde

un paio di piccole suggestioni. ed una considerazione sull'ossezione trombatoria.

uno.
leggo un nuovo bloggggghettino. è di una collega. collega nel senso che - quanto meno - condividiamo lo stesso luogo di lavoro, ma nemmeno soggetto di retribuzione: lei è un collarino arancione. scrive bene. scrive pulito, essenziale, misurato. un po' acqua et sapone raffinato e charmant. come mi pare sia in fondo lei, a percezione. ho l'impressione nemmeno si sia accorta di me. ma non è un grosso problema, ovvio.
scrive bene, dicevo. la scrittura emozionante però è altra cosa.
oggi, dopo averle lanciato uno sguardo fugace, mentre mi re-infilavo nel tornello per tornarmene all'amena postazione post caffè pomeridiano, ho provato una leggera invidia. perché credo abbia una percezione corretta di sé medesima. sa di piacere in maniera elegante, l'ho come sentito in maniera inequivocabile. come probabilmente sa che piace la maniera in cui scrive. e verosimilmente questo conferma la sua percezione. serenamente [penso] [parentesi: quattro avverbi in altrettanti periodi, sono poco charmant]. e quindi cura la sua scrittura, per farla aderire a sé medesima. un po' come uscire in ordine per andare al lavoro. acqua e sapone raffinato e charmant, com'è il blogggghettino: cucina e cinematografia. niente di stravolgente. una sinestesia interessante, senza iperboli.

sinestesia. userò questa parola quando le scriverò. e le dirò che leggo il suo blogggggghe. lo farò usando la posta elettronica interna. dall'indirizzo capirà che sono un consulente esterno. quindi saprà subito che non ho profilo nell'organigramma, soprattutto niente foto. così probabilmente - se un minimo è curiosa - cercherà sul feisbuch. a quel punto ci incroceremo al caffè, mentre fa comunella con le sue colleghe del soscialmediamarchettttting. non si farà accorgere da costoro. mi osserverà, provando a non farsi accorgere da me. farà finta di nulla, distoglierà lo sguardo. continuerà a interloquire con le sue colleghe ignare, ragionando se e come rispondere: quanto meno per educazione. come da acqua e sapone elegante, charmant, senza troppa possibilità di replica.

non scrivo su un blogghettino cul de sac, infarcendo di refusi e senza rileggere troppo, mica per altro. insoddisfatto di [quasi] tutto, ovvio.

due.
ho letto un altro libercolo di erri de luca. roba intensa quanto breve. [quasi] come sempre del resto. è uno dei prodotti commercial-editoriale che preferisco. perché questo è. oltre a cesellare ogni periodo, la singola parola. prendendo dalla scatolina di metafore atomiche [meta-metafora, per certi versi] i pezzi di creta con cui modella il fluire del suo raccontare, e raccontarsi. l'ho letto al mare. sentivo lo sciabordio dell'acqua sotto il terrazzino. me lo sono portato apposta. avevo idea potesse essere un bel modo di farli giocare assieme, nel coccolarmi un poco. funziona e va bene per quanto prodotto commercial-editoriale ben riuscito: erri scrittore, non il mare.
non solo coccola. ma ho avuto anche una minuscola epifania. lui, erri, comunque ha scritto. racconta in maniera frattale. non romanzi. non racconti. non saggi. non poesie. una sinestesia di tutto ciò.  credo l'abbia fatto e gli venga come naturale modo di esprimere quello che gli ribolliva e ribolle dentro. in maniera pacata, com'è la sua scrittura. in modo inesorabile, come rimane attaccato di lui quello che la sua scrittura disegna. sono pochi colpi di pennello, acquerello. quando asciuga si fa pregno. la piccola epifania è questa: dipingere con l'acquerello. ma non per il disegno in sé. ma perché sono e mi ribolle dentro.

solo che bisogna applicarvicisi. come un qualcosa di inevitabile. e non solo in post chilometrici come questo. senza contare poi i refusi che ci lascerò dentro.

solo che bisogna applicarvicisi. mentre io compulso con lovvvvvvvvo. con cui spreco un sacco di tempo, troppo. con tutte le energie ossessive che tutto ciò si porta dietro. oltre il tempo, appunto. è forse questa la cosa più frustrante. non il fatto che tanto non troverò nessuno con cui farsi un qualche numero di scopate. ma per il tempo che ci si deve perdere per. forse per la poca efficienza dell'applicazione: redemption dello 0.5%? manco una campagna di direct email marketing. e non è che è solo questione che sono selettivamente esigente: anche perché mi sono detto che va bene più o meno tutto quello che esteticamente mi sembra passabile. è un riflesso pavloviano del ndocojocojo, che diventa un modo per andare oltre. che rischia di diventare ossessivo-compulsivo, oltre che un poco sgraziato.
non è più un problema morale. e nemmeno il pericolo diventi una obnubilante coazione a ripetere. no: è proprio il tempo che devo perderci appresso. lungo. troppo lungo.

ho voluto scrivere un post lunghetto. per cercare di far qualcosa di più utile: se non alla mia autostima, almeno che placasse la banalità di quel frugare tra donne casi umano - come me del resto, che son uomo.
ora però debbo andare di là, che già ho passato un tempo eccessivo di qua.
i refusi, al solito, si sprecheranno.

Wednesday, August 10, 2016

un'altra lettera semiseria alla ministra MEB

cara MEB.

contnuo a chiamarti per nome, di nuovo. perché sei più giovane di me, e non credo tu abbia nulla di più di me, tali per cui io debba mostrarti quel senso di distacco rispettoso.

detto questo. in effetti è come se concentrassi le attenzioni dei media. e quindi di rimbalzo di chi i media ne fruisce. d'altro canto non credo la cosa possa meravigliarti. in fondo sei l'icona mediatica di questo governo e tutto quello che - mediaticamente - il governo rappresenta. in fondo sei la persona perfetta: fenotipicamente perfetta. ma non per questo che ti scrivo.

innanzitutto, con tutta l'antipatia che di controbalzo mi scateni dentro, credo che il vignettista abbia fatto una vignetta idiota. nonché sessista. ne ho letto la sinossi, troppo inutile sprecare quei pochi secondi per guardarla e rimanerne contrariato. per quanto - sia chiaro - il vignettista ha tutto il diritto di fare una vignetta sessista. ed io di stigmatizzarla come tale, ed anche convintamente. ed esserne fermamente contrario.

ma questo  - ovvio - non basta nemmeno a far iniziare la giustificazione del vignettista, per il fatto che costui possa essere fortemente contrario alle tue ultime uscite. talmente contrario che ne viene fuori quella minchiata di vignetta. che è da biasimare perché sessista. punto.

ma d'altro canto la vignetta non c'entra. tranne per il fatto sia una semplice coincidenza temporale. il fatto che sia il vignettista di una vignetta sessista che io - che rivendico il fatto di oppormi a qualsiasi forma di sessismo - si sia fortemente contrari alle tue di stronzate. che forse non sono gravi - ai miei occhi - come fare una vignetta sessista. ma che stronzate rimangono - sempre ai miei occhi ovvio.

vedi come funziona mariaè? è una coincidenza. e questo non significa che io sia sessista per il fatto sia d'accordo - sulla contrarietà alle tue uscite sul referendum - con un vignettista di una vignetta sessista. giusto per spiegarti che i sillogismi non funzionano se confondi le premesse: soprattutto quella maggiore. è la stessa ragione che, per isomorfismo, non funziona il fatto che se brunetta ed io si voti allo stesso modo - nei confronti della riforma costituzionale che porta il tuo nome assieme a quella del tuo caro premier - brunetta ed io si sia la stessa cosa. votiamo allo stesso modo. anzi, a dirla tutta è brunetta che vota come me.

lo so, è una polemica vecchia questa. però vedi, non sono molto più sul pezzo. e sono impegnatissimo su lovvvvvvo a trovarmi la donna della mia vita per un paio di serate... tre via: perché poi anche lei capirà che sòla sono. ma mi è utile - la polemica, non il mio impegno su lovvvvvvvo - per consigliarti - molto sommessamente - di cambiare il tuo ghost writer. oppure di cambiare sostanze con cui vai in trance agonistica prima di certe dichiarazioni, se sono frutto del tuo acume retorico-politico.

tipo la storia dei veri partigiani che son quelli che votano sì alla riforma.

oppure, ora, la storia del poco rispetto del parlamento se si vota no.

poco rispetto per il parlamento chi vota no? e lo dici come importantissima rappresentante di un governo di cui fai da elemento iconico-mediatico che lo ha obbligato a tante fiducie come se non ci fosse un domani? e questo cos'è allora? dico sottrarre dibattito e contraddittorio ad un consesso in nome del fare [con ottimismo, ovvio]. dov'è il rispetto per quei parlamentari che - legittimamente - la tua riforma non l'hanno votata? guarda che non sono mica così pochi costoro. sono talmente in tanti che si è obbligati al referendum. che - come saprai da articolo 138 della Costituzione, quando la maggioranza è semplice - è obbligatorio, non un gentile timbro più o meno plebiscitario che è ottriato al popolo dal tuo magnifico premier, neh?

perché io ho la sensazione che nella vostra narrazione così irresolutamente ottimista, che indica che le cose non potranno che andare meglio a prescindere, altrimenti si è gufi, ci sia qualcosa di stantio, di vecchio, di muffo. qualcosa di dannatamente già visto. cambiano le facce, le icone mediatiche, si abbassa pure l'età media. ma c'è un dèjà-vu che proprio non mi piace. e che quando c'era il nano coi capelli di kevlar c'era un sacco di gente che non perdeva occasione di stigmatizzare. mentre ora c'è una sorta di pazienza, lascialo lavorare, e poi viene più o meno da sinistra o quella cosa che adesso tanto non ha più senso parlarne perché sono categorie superate.

ecco. è quel puzzo lì. qualcosa che odora di potere finalizzato al potere. e basta assicurarsi che il tessuto connettivo di chi dirige il baraccone si sia accorto che tutto sia cambiato, acciocché poco nulla cambi. continuo a pensare che molto sia dovuto all'ego ipertrofico del tuo caro lidèr. per cui arrivare al potere sia funzionale al fatto che lui deve starci al potere. il resto, quasi tutto il resto ha importanza relativa. in questa mia percezione puzzosa credo che in questo c'entri - l'ego ipertrofico dico - per spingerlo a seguire, quasi pavlovianamente, certi riflessi, oltre al fatto che io abbia un certo bias verso quelle personalità.

scusami, cara MEB, alla fine gli improperi sono soprattutto per il tuo imperatore del consiglio. un po' mi spiace che il combinato disposto - con proporzioni di una parte su qualche decina di milioni - tra la mia riluttanza esistenziale ed il vostro modo di porvi non mi riesca a far valutare obiettivamente, come in camera sterile, la vostra proposta di riforma. da un certo punto di vista credo sia l'effetto inevitabile, quando si infangano i pozzi di una stoltissima personalizzazione. talmente stolta che bisogna essere piuttosto obnubilati da sé medesimi, per non avere chiarissimo da subito che questo avrebbe incasinato il tutto. non per altro: in un paese tripartito è più probabile averci contro la maggioranza delle persone, invece che a favore. anche questo è segno dei tempi che non cambiano. non sollevarsi da una certa mediocrità al potere, nelle classi dirigenti del paese, nell'accezione più poterosa.

cara MEB in fondo è tutto qui. uno sfogo. qualcosa che mi ha distratto per un ottavo di sera dalla mia attività compulsiva su lovvvvvvvo. io mi sono arreso così. lasciandovi un sacco di spazio, nel mio piccolissimo e personalissimo contesto. e prima di tornare a verificare i match e le nuove visite dellllllà almeno ve lo lascio scritto in un cul de sac che è uno su millemilioni di pensieri: è roba santia, già vista. di nuovo c'è il fatto che ora non so che votare. tranne quello che credo voterò a ottobre/novembre/dicembre. quando ci farete la grazia di farci votare, perché intuirete che quello è il momento a voi più propizio [cambiare le linee editoriali del servizio pubblico l'avete testé fatto. a proposito di roba già vista...].

vi auguro abbiate già cambiato i ghost writer, per allora.