Thursday, December 31, 2015

che si chiuda un po' fuori dal setting, questo 2015 (3/3)

è stato un anno faticoso. molto faticoso. e se [mi] ripenso a dodici mesi fa mi sembra ci sia stata in mezzo tanta, tanta roba.
e soprattutto [mi] sembra lontano il modo in cui osservavo e interpretavo quello che stava accadendo. o almeno è la percezione netta che ho in questo momento.
come interagivo con il contesto, io con la mia struttura, sempre molto incuriosita.
e a proposito di struttura credo cominci ad appiccicarsi addosso l'idea, molto semplice, lineare, forse banale: che un sacchissimo di cose accadono a prescindere da noi. si tratta di interloquirvi nel modo migliore possibile. e che spesso sono molto più semplici e lineari di quel che può apparire a volerci metter di mezzo una struttura molto incuriosita, titubante e pretenziosa [di primo acchito blogghico mi sarebbe venuto da scrivere rompicoglioni, per questo post un po' mi trattengo].

e che io sono io, con tutte le mie piccole e grandi incertezze, le mie paure, i miei limiti, ciò di cui non è il caso di andar fieri, ma senza che diventi uno stigma autoflagellante il fatto non ne vada fiero [di primo acchito blogghico mi sarebbe venuto da scrivere nevrosi, oppure ossessioni e compulsioni, ma forse spesso li uso un po' a sproposito].
e che sto dando del mio meglio e riesco in quel che riesco, anche a cominciare dalla necessità di non pretendere che tutto sia ideale o perfetto: in me e - probabilmente - negli altri o nelle situazioni.

forse se fosse perfetto sarebbe financo un po' noioso. ed anche prevedibile. come questo preciso momento, mentre scrivo con scott joplin che esce dall'impianto stereo e che sovrasta il giusto lo sciabordio del mare, qualche piano sotto le finestre. solo, in una situazione non del tutto ideale, a cominciare dal fatto abbia lo stomaco un po' sottosopra e probabilmente arrendendosi all'idea che con un'altra compagnia sarebbe decisamente meglio.

sono consapevolezze, rasserenate, che mi sono conquistato un pezzo per volta. anche e per merito del divenire di questo anno faticoso, molto faticoso.

ho appena finito di leggere un libro. parlava di psicologia dell'età evolutiva. roba divulgativa, ovvio. la tesi fondante è che i bambini applicano gli stessi paradigmi degli scienziati per comprendere via via quello che capita intorno a loro. anzi sono gli scienziati che fanno come i bambini. visto che siamo programmati - tutti - ad affrontare e imparare risolvere nei primissimi anni di vita i tre grandi problemi: il fatto esistano altre menti, che esista un mondo esterno, e che si debba imparare un linguaggio per interagire. adattano via via il modello che comincia a formarglisi in testa, praticamente da subito. quando le cose non tornano, si modifica il modello. e grande è il piacere della scoperta, di quando le cose tornano, ed il paradigma funziona [senza sapere cosa sia un paradigma, ovvio].

ecco. non faccio di mestiere [ahime?] lo scienziato. non sono [più solo] un bambino. però il piacere quasi epifanicamente orgasmatico della scoperta sì. anche il piacere dell'approcciarsi in modo analitico. sono un po' di anni che sto mettendo un po' in ordine la struttura molto incuriosita. non è solo "merito" mio. succede anche perché il contesto lo favorisce. e perché qualcuno mi sta dando una mano. cui capita di ascoltare alcune istanze oggetto di alcuni post dall'altra parte del tavolo del suo studio - per come ha impostato il suo setting. questa volta potrebbe accadere il contrario, e che legga addirittura un post. roba un po' fuori dal setting. ma non credo caschi il mondo, giammai. è tutto molto più semplice e genuino. anche il desiderio di ringraziarla, tipo ora. [ecco perché mi sono un po' trattenuto dal primo acchito blogghico].

rimangono alcune cose da capire. o forse semplicemente da affrontare senza troppa paura - tipo quella della piacevole compagnia, del desiderio che nego intrappolato dall'idealità [?]. ma d'altro canto la fine di un anno è una pura convenzione. ne inizia un altro.

si va.

Wednesday, December 30, 2015

il meritocraticamente risulteggiante 2015 (2/3)

è stato un anno faticoso. molto faticoso. e sono ripartito. e non è solo una questione del fieno in cascina, figurarsi: non sono mai stato particolarmente attratto dai soldi. è che per progettare qualcosa, immaginarsi di attuare un'idea ci vogliono dei piccioli. ed io non ne avevo più da tempo.

sono ripartito, dicevo. solo che è stato come farlo con il rapporto lunghissimo e durissimo e bisogna pedalare subito con pendenze complicate, importanti. la soddisfazione è commisurata a quanto è stata dura: rimettersi in gioco, affrontare alcuni pregiudizi verso un certo tipo di attività. sarei ancora più garrulo e scoppiettante di entusiasmi, se non fosse per la mia nevrosi perfezionista., che scala un po' tutto verso il basso.

o forse è anche una questione di scaramanzia, cosa in cui notoriamente io non credo e non mi ci applico. però, come dire [diciamolo con parole nostre, suvvia], non parliamone troppo forte. che la sensazione possa arrivar qualcos'altro di meno lieto, una volta insinuato, è dura da mandar via.

sono ripartito, dicevo. e sono state parecchie conferme su cose che un po' intuivo fossi in grado di fare. quando non addirittura mi son venute ancora meglio di quanto immaginassi. e la complessità del contesto, a girarla dal verso construens, è un moltiplicatore: sono riuscito nonostante quelle complessità e questi contesti un po' nauseabondi.

ho letto un discreto numero di libri. non sarà un caso, ma la parte iniziale dell'anno, quella più complicata e forse un po' cupa, è quella dove ho letto meno, decisamente poco rispetto alle medie quasi bulimiche di cui ero abituato. non è il brivido da orgasmo diffuso e continuo di "espiazione", ma l'ultimo mcEwan ha la sua gran bella perchéenza. però anche "tutto potrebbe andare molto peggio" di richard ford è stato un piacere inaspettato. però come non ricordare Shalom, Biondillo, e quel paraculo di missiroli - però che emozione quel libro [paraculo].

ho fatto poche volte all'ammmmmore, però è stato bello. proprio in quell'attimo che non pensavo succeddesse così.

ho provato il piccolo brivido di dolcissimo piacere quando il treno si è mosso, sapendo che sarei andato a trovar degli amici. così come i brindisi ed il piacere di talune e raffinatissime - nel loro essere perpetrate - companie.
ho conosciuto nuove persone interessanti, nel loro essere variegatamente diverse. ne ho conosciute meglio altre. ed anche quando si conoscono meglio per decidere di volerle conoscere meno, è comunque un qualcosa che va bene.

ho scattato pure qualche foto decente, suvvia. ho scritto pure qualche post [o altro] interessante, suvvia. sono stato pure a tratti creativamente fantasioso, suvvia.

mi è capitato di sentirmi utile, in qualche episodio. ed è una sensazione di pienezza di cui forse è cosa scaltra tenere particolare conto. per quanto ho scoperto anche il piacere di godermi, con le dosi giuste, la mia solitudine.

per quanto l'epifania del momento più lieto di tutto un anno è stata fatta in compagnia di un amico. era circa metà maggio. una domenica pomeriggio. faceva un caldo gentile. e tutta la natura ormai era lanciata verso l'acme della bella stagione. la luce cominciava a prendere in considerazione l'idea di farsi radente. si parlava della settimana che stava iniziando [e la già nota piccola nausea al pensiero dell'ufficio il giorno dopo] e di cosa si sarebbe fatto il uichend successivo. e quindi ho pensato che bastava farla iniziare, quella settimana. che poi una volta avviata se ne sarebbe andata a terminare. e col terminare, il piacere dolcissimo, ambrosiaEtMiele, del fatto avrei visto, per la prima volta, bergamo alta.

l'attesa del piacere, verosimilmente. che però è in grado di ovviare tutte le svolte. è un lusso che è che per pochi. la cosa titillante, a proposito di cose di cui andar eventualmente fieri, è di smetterla di voler solo attendere. ma buttarsi nel presene. che forse sarà meno da film. però, vuoi mettere: è quello che si vive. vivere, che è poi quello che ci tocca fare, indi per cui... [si potrà terminare un post con dei puntini di sospensione? evidentemente bisogna farne un altro: fuori setting]

Tuesday, December 29, 2015

il faticosamente pesante 2015 (1/3)

è stato un anno faticoso. molto faticoso. se possibile ho lavorato come non mai. in taluni momenti è stato come se stessi facendo un lavoro e tre quarti. ho sacrificato serate, uichend, venezie, vallisottoilcervino, serenità. ci sono stati dei momenti in cui ho sinceramente pensato non ce l'avrei fatta. talmente nauseabondo quello che percepivo attorno.

ho lavorato, lavorato, lavorato, lavorato. non sono riuscito a cubare tante ore come il mio amico daniele. ma lui è inarrivabilmente inglobato nel suo ruolo di salvatore dell'azienda di famiglia. lavorare tanto quanto lui è quasi umanamente impossibile.

anche per questo la sua fidanzata un po' ne patisce. perché si sente sempre in una specie di posizione di rincalzo: un giorno gli dirò: o me o la ditta - mi ha annunciato in uno degli ultimi viaggi che si è fatti assieme. io ho solo pensato: non metterlo così alle strette, che se risponde: la ditta, poi devi coerentemente trarre le tue concluioni.

già la fidanzata del marmista. a proposito della fatica di quest'anno. non ne vado fiero. al momento, però, può pure starsene con la sua sicumera di essere colei che spiega agli altri come si sta al mondo. corroborata dal rapporto psichedelico con intrattiene la sua autostima.

ho vissuto alcuni sabato mattina in cui tutto mi sembrava più nero color del vino. temporanei distacchi dal concetto di speranza nel senso più lato e generale si possa intendere. probabilmente la prima reazione alla stanchezza accumulata in settimana. costipato a non poter più disporre del mio tempo, con il simbolo pigolante del badge che fa il biiiiip per farmi entrare nella bussola. e asfittico del poco tempo libero a disposizione.

ho letto libri decisamente scritti male, che mi hanno lasciato con la bocca del fruitore amara, molto amara. ho tergiversato, spesso, troppo, rimandando ben oltre il sottile confine che separa il postponimento della gratificazione  - che è pur sempre una manifestazione di intelligenza emotiva - con la nevrosi e la compulsione [auto]sottrattiva.

non ho ascoltato - ahimè - moltissima musica. troppo poco cinema, così come il teatro, così come i concerti. son cibo e bevanda per l'anima, anche se non ci credo mica poi tanto all'anima.

ho fatto decisamente troppo poco all'ammmmmore. la surroga, non ci son cazzi [c'è un doppio senso, se non si era capito] è una minchiata [altro doppio senso].

sono stato più solo di quanto avrei dovuto, talune volte. pure troppo. forse per abitudine. forse per difesa. forse per inedia: e questa cosa non mi piace.

i miei due nonnetti putativi se ne sono andati. otto mesi uno dall'altro: non che mancasse l'età, a dirla tutta. era faticoso mostrarsi più lieti e fiduciosi di quanto mi sentissi. però sentivo di doverglielo. una piccola bugia per potersi sentire confortati per interposta persona. la poltrona ed il divano rimangono vuoti. è inevitabile, ma c'è una mancanza in più.

tipo come quando i rapporti svoltano. perché non sono comunque molto convinto debbano, necessariamente, finire.

Tuesday, December 22, 2015

c'è sempre un punto in cui il giorno dura meno. poi passa.

è stato un anno faticoso.
e tutto sommato con in nuce cose positive.
sono financo abbastanza convinto che le cose siano in stretta relazione.
è stato faticoso, ma proprio per questo, per averlo affrontato così, che mi merito i virgulti delle cose positive.
ieri è stato il solstizio. che poi è il giorno più corto. quindi significa che tutti gli altri sono più lunghi. nulla di personale contro quell'unico, piccolo giorno, ma preferisco la luce. e soprattutto che la luce via via vada ad aumentare.
ieri se n'è andata anche la mia nonnetta putativa. sono combinazioni e riverberi complessi, a volte, quelli che ti portano a provare una cosa così semplice com'è l'affetto.
se n'è andata piuttosto all'improvviso, otto mesi dopo suo marito, e i 65 anni assieme a lui. probabilmente c'è qualcosa che sovrordina, all'interno della testa, quando far staccare la spina al fisico.
se n'è andata nel giorno più corto, come a voler andare a chiudere l'accorciarsi dei giorni. come voler andare a dire: i miei giorni diventavano sempre più corti e cone sempre meno luce.
ora tocca a Voi.
perché, guarda un po' quel furbastro di foscolo che s'intesta l'idea semplice e geniale: si vive, dopo, proprio per il ricordo e l'affetto che si è costruito attorno.

ora tocca ai giorni rifluire di sempre più luce.

il post mi è stato decisamente ispirato dall'amico luca.
che mi ha inviato - tra l'altro - questi versi.
li uso per impreziosire questo post, altrettanto faticoso. ma anche lui con qualcosa parimente in nuce . [e in nuce, quasi a racchiudere un senso che si va a disvelare, mi ricorda tanto luce. è un portarsi dentro che si rivelerà. come i giorni dell'inverno, dopo quello più corto, che vanno ad allungarsi]

(...)
But morn will be, and dark will fade,
the light of hope, the desert shade,
the winter's comfort, summer's breeze,
as blooms of spring, the sun appears,

a welcome friend, the silence broke,
my soul returns, my demons choke,
faith and hope I once more find,
in shadows of my heart and mind
(...)


Saturday, December 19, 2015

sui pensieri positivi, a che punto stiamo, ed altre amenità

più o meno una settimana fa venivo chiamato in causa dall'amico omar. mi nominesciava per una delle tante catene di sant'antonio che si sono inventate nell'orbo terracqueo feisbucchiano. solo che questo mi ha coinvolto un po' più delle altre, da cui solitamente mi sfilo.

tre pensieri positivi, per cinque giorni, ed altrettanti nominati. un florilegio di pensieri positivi. le reti soscial ne sono piene, vero. è financo vero che sono di più le vomitazioni di astio, incazzosità e cose destruens così. ho un'idea a riguardo, ma tant'è. quindi mi son messo a eseguir per benino il mio compitino.

solo che, naturalmente, sono partite altre psicopippe, tutte - tutto sommato - con approccio positivo. peraltro, della quindicina più o meno improvvisata, ad un paio di queste sto pensando un po' più ripetutamente. la tre del giorno 2, e la due del giorno 5. ma esulano dall'economia di questo post.

perché invece mi son tornate alla mente due cose, che sono un po' indietro nel tempo. e che però, or ora, trovano un senso con una certa compiutezza. e forse [mi] spiegano il perché mi sia piuttosto appassionato a questo giochetto. una specie di far una specie di punto della situazione, a che punto stiamo, appunto.

le due cose sono semplicemente queste.

la prima è la prima cosa che mi disse odg, ormai un lustro fa, più o meno in questi giorni. "non si può prescindere dal contesto". si parlava del fatto e del perché fossi andato da lei. io le dissi delle mie insoddisfazioni ontologiche. lei, con la questione del contesto, capisco ora, cominciò a far sollevare lo sguardo dal mio ombelico. una cosa del tipo: ehi, non pensar di essere così speciale da cucinarti solingo la ricetta delle tue sventure, né delle tue resurrezioni mediante i tuoi film. c'è il mondo fuori di te. e se il mondo prossemico va un po' a puttane, non puoi pensar di far faville solo con le tue forze. non lo disse proprio così, usa un linguaggio più forbito e mai casuale. ma credo che il senso fosse quello. e questa è la prima cosa.

la seconda un post che scrissi ormai nove anni fa. in una serata un po' particolare. nel post raccontavo di mio padre, e parlava soprattutto d'altro. ma ci infilai, senza troppo meditarlo, un'intuzione che si è rivelata molto più azzeccata, alla luce di quello che sta avvenendo e che potrebbe venire. il post è questo, ed il libro di cui parlo è questo. in prima battuta mio padre era un'ottimista. forse, altresì, gli riusciva in maniera naturale e pre-meditata il positivfinching [la meditazione, a volte, può diventar una gran granguola di colpi sui coglioni]. è che uno si accorge di somigliar [in parte] al proprio padre anche per questo. solo che io ho dovuto lavorarci un po' sopra, anzi: continuo e devo continuare. e questa è la seconda cosa.

io lo so che questa catena un po' amena mi ha coinvolto più del previsto [anche] perché, tutto sommato, le cose cominciano a sistemarsi e/o girare e/o darmi soddisfazione: il contesto di cui accennava odg. ho passato momenti del tutto diversi, da cui miGlionidirighedipost giaculatori. roba che non è nemmeno di tanto tempo fa: io me li ricordo anche solo fino a qualche settimana fa, il buio e il nero che vedevo, a tratti, all'orizzonte. è verosimile che possano anche tornare. non foss'altro che cenere torneremo ad essere, e non credo sarà una cosa garrula averne la contezza di avvicinarvicisi. ma è proprio perché le cose tutto sommato cominciano a sistemarsi, seppur temporaneamente, che mi ha fatto bene far il punto. ed il punto passa anche per puntualizzarsi quello che si è diventati, nel gerundio di continuare a divenirlo. perché per farlo sempre meglio aiuta saper dove e come si son piantate le radici, da dove e da chi si viene. che poi è come compiutamente aver un po' chiaro l'esser figlio, e relazionarvicisi serenamente. a partire dallo strutturar in un certo modo certe sinapsi, per costruire nuovi circuiti neurali nella propria testa.

con meno rumore di fondo si contribuisce meglio a dar un senso al tutto: mica solo il mio, che da solo non conta 'sto granché. ora si tratta di [provar a] farlo. magari cedendo un po' di gelosia della solitudine. [se non s'era capito questi sono il pensiero 3 del giorno due, e la 2 del giorno cinque]. le cose vanno, a prescindere da noi. qualche positivthinching in più danni non ne fa.

Monday, December 7, 2015

santambroeus de noartri

ho festeggiato con garrulità questo sant'ambroeus. forse per la prima volta nella mia vita.

di certo erano anni che non sentivo un qualcosa che si approssimasse ad un senso di appartenenza, o quelle cose lì.

mi hanno canzonato, bonariamente ovvio, per questo. dal "le tue radici sono da un'altra parte" a "te che stai ove ogni cosa accade". è vero, vengo da un'altra parte - ma poi nemmeno troppo così lontano, per una serie di incroci delle storie e culture di un territorio, e le combinazioni delle storie delle singole persone. è vero, credersi migliori di altri rischia di generare un provincialissimo ammirarsi l'ombelico.

resta il fatto che oggi, 7 dicembre santambroeus del duemilaquindici, in questo preciso momento storico del mio dubbiosissimo divenire, è qui che sto provando un coacervo di sensazioni, appunto, di appartenenza. una specie di alleanza logistica tra il mio provar a incespicare sempre di meno e questa città, che poi significa culture, proposte, suggestioni, stimoli, possibilità, titillamenti, profferte.

non ci sono valori assoluti, o istanze un po' tronfie. è una combinazione di congiunture, tra cui la mia, di oggi, che dopo anni decisamente azzoppati mi pare di riprendermi - timidamente - in mano un bandolo matassoso. lo sto facendo qui, forse per caso, forse per abilità di riuscir a combinarmi con quello che mette a disposizione. e lo sto facendo ora. con ben presente lo iato di cos'era solo un anno fa. lo smarrimento di dieci anni fa. il tutt'altro che tentai quindici anni orsono.

non so cosa sarà tra un anno. forse me ne sarò andato sbattendo la porta e maledicendo il casino, lo smog, il cielo bigio d'inverno e quello lattiginoso d'estate. cosa che peraltro hanno fatto non molto tempo fa persone così a me [zavorramente] vicine.

però so che ora va così. diversamente come me l'ero immaginato. a partire da quell'intuizione e quel film - financo banale - che m'ero fatto da regazzino.

quindi oggi mi sono goduto la prima della scala. visto che si può fruire, altra offerta che basta voler cercare e cogliere. l'ho fatto alla triennale, davanti ad un maxischermo, dopo una maratona di lettura di un racconto di buzzati, ambientato alla scala. ero solo, solo come sempre, in mezzo a gente sconosciuta. ma credo tutti piuttosto [addirittura] fieri di pigliarsi quello che veniva - di nuovo - offerto.

ci deve essere la possibilità di accettare: avessi famiglia, impegni gravosi, impedimenti dei più disparati non potrei farlo, ne sono consapevole. ma poiché oggi è così me lo piglio. perché c'è qualcuno o qualcosa che - di nuovo - lo mette a disposizione.

e voglio coglierlo. con l'intuizione che forse, qui fuori, c'è qualcosa che può darmi anche altre possibilità. che magari non troverò, non incrocerò, non intercetterò. per la serie delle combinazioni di cui sopra.

però, oggi, va bene così ugualmente. finalmente [tra l'altro] appartenente a qualcosa. bastasse il simbolo, un po' scontato, dell'inaugurazione di una stagione lirica di un teatro.

me la sono goduta. fino alla fine, e tanto quanto non pensavo. si è applaudito alla fine, e non per conformismo, e forse senza nemmeno la completa cognizione che potrebbe avere un esperto [per quanto, a me, la regia è piaciuta davvero molto]. ma si è applaudito anche perchè ci si sente in questo effluvio di appartenere a qualcosa che è più grande di noi. che ognuno, a suo modo, costituisce. se lo fa con le cose belle, tanto meglio.