Wednesday, December 31, 2014

sui paradossi del '14

l'ho iniziato garrulo et speranzoso. davvero con una sensazione di novità che avrei avuto davanti, come le praterie del vecchio farvuest. erano solo sensazioni, ma con poca pragmatica e prospettive realmente concrete. credevo fossero lì lì. e invece ci son voluti mesi.

il momento più brutto è stato nel tardo pomeriggio del 21 di maggio. lì ho vestigialmente mandato afffffanculo il progetto più fallimentare mi sia capitato di principiare. non è stata un'epifania al negativo, ma il prendere [finalmente] atto di quanto la mia vita si fosse azzavorrata negli ultimi anni. [la vibù ci era arrivata prima a capirlo, ma nel gioco delle interlocuzioni non lo sapevo io].

e poi sono venute settimane cupe. molto cupe. il paradosso era che bisognava passarci attraverso per sbucare poi fuori dal tunél. o quanto meno vederne il baluginio in fondo a. è stato durante una birra, verso la fine di settembre. forse quello il momento, l'attimo più felice.

perché uno è comunque sempre in cammino, come la storia dell'acqua di fiume che sembra che è ferma ma hai voglia se va. e tutto sommato, con tutte le cupezze di quelle settimane cupamente da orso, ho tenuto botta. perché sono circondato da amici che probabilmente non merito del tutto, o forse sì, ed in fondo potrei anche evitare di farmi di queste domande un po' così, psicopipponiche. e perché un po' di quel cammino me lo sto percorrendo consolidando consapevolezze e facendo via via pace con me medesimo: che poi odg mi dia una mano è assodato, come il fatto sia assoldata acciocché.

ho letto compulsivamente un sacco di libri, e il paradosso è che lo facevo per carpire segreti [o evitare errori] per un'inesplicata volontà di scriverne, che non metterò mai in pratica, forse.
ho fatto qualche volta alll'ammmmmore, e il paradosso è che forse ho smesso di pensare sia un paradosso il fatto che financo io possa fare alllll'ammmmmore.
mi sono immerso in pochissimi bagni, e il paradosso è che volendo l'acqua potrebbe comunque andare bene.
ho acquistato, per generi indumentistici, solamente un paio di scarpe in offerta decathlon a 5 eurI, e il paradosso è che la vivo come una bellissima libertà il fatto di non provare più desiderio di acquistare cose per me.
ho costruito un piccolo muro per cintare un piatto doccia, con piastrellamento, come lavoretto estivo, e il paradosso è che quando mi han detto "fallo fare ad un altro" mi è venuta voglia di farlo.

ci sono stati per mesi le condizioni per sbandare: tanto e pericolosamente, e il paradosso è stato che quanto più me ne rendevo conto, tanto più mi accorgevo non avrei sbandato.

il libro più bello "espiazione".

e poi un sacco di psicopippe, interlocuzioni, confronti, brindisi, passeggiate per eventi più o meno culturali, solitudini piacevoli, e compagnie garrule, poca ma selezionata gente, traghetti da e per le due case che non so mai come chiamarle quelle due abitazioni, meno post e piuttosto meno incisivi.

non sono riuscito nemmeno quest'anno a scattar foto di nudo: peccato. è un qualcosa che vorrei riuscir a fare pria o poi.

ed infine son tornato a far il dipendente. seppur con la coperta di linus di raccontarmi essere un libero professionista. situazioni decisamente più pragmatiche di qualche mese fa. e soprattutto una ritrovanda indipendenza economica. e però è come se fossi meno sognantemente fiducioso. forse è un paradosso. forse è arrendersi al fatto l'ozio creativo da bohemienne non mi ha portato quella sussistenza che speravo [fiducioso, appunto] all'inizio. forse sono troppo stanco per provar emozioni e sensazioni più o meno forti: perché dal quasi nulla ora devo fare troppo. sarebbe tanto quel solo lavoro, provo a farne  più di uno.

io non so cosa sarà l'anno prossimo, che peraltro è dispari. non pianifico più nemmeno cosa sperare. in fondo è la solita convenzione si giri un calendiario. mentre siamo acqua di fiume. so che devo divenire, provando a trovar soddisfazione a far del mio meglio. e poi ci saranno gli amici, i brindisi garruli, i libri, le solitudini quiete, le psicopippe. il tentativo di provarci, insomma. hai detto niente...

Wednesday, December 24, 2014

sticazzi. pure il post natalizifero. o natalitalizzante. o quella roba lì.

stordirsi di lavoro ha funzionato fino a metà pomeriggio. o forse la stanchezza ha sopraffatto perfino lo stordimento. sta di fatto che alla fine ho ceduto alle lusinghe malinconiche della natalifera trappola.

e di fatto ho avuto una specie di crollo verticale. son caduto in piedi, ovvio, ma non ho resistito.

non credo sia la cosa del natale in sé, figurarsi. ma l'aura condivisa, la maieutica surrettizia, il mainstream emotivo. quel mescio di situazioni che allertano inconsciamente i depressi, i claudicanti dell'incedere dell'esistere, gli incerti del proprio esserci. per soffiare i gingolllebbeells delle nenie più o meno cinicamente tristi, che acclarano la pesantezza del proprio esser soli: dentro e fuori.

che poi la solitudine fa comodo in molti altri momenti, ad esser onesti fino all'essenza. e nemmeno per onestà intellettuale, ma anche solo per ovvio buonsenso non lo sono, solo intendo. sta di fatto che mi è partita la canocchia condivipeistica. e chiamerei un po' chiunque. o avviserei ognuno. anche solo per ricordare che ci sono ed aver conferma che ci sono per loro. insomma: queste buche di autostima sicurezzevole qui.

evidentemente non c'entra molto con la storia del gloriaddddddionell'altodeicieli.

ma ha ben più a che fare con la pragmatica intima delle melanconie dell'umana psiche. anche se la parte raziocinante [che irrora irrora quella emotiva] confida immanentemente nella pace in terra degli uomini di buona volontà.

e nel frattempo fatevi un buon fottutissimo natale.

Friday, December 19, 2014

vivalavoce

non resisto. voglio adamantare il momento. prima che finisca la prima canzone.

è stata una giornata dura. voglia di mandare un po' affffanculo. perplessità sul fatto stia facendo una cosa pesante e che non mi entusiasma. circondato da una tarskfors delisticazzi, di gente di una banalità mediamente sconcertante, dall'alto del mio snobbismo orsico delistocazzo.

poi a casa lavoro di nuovo. pensando a stupide invidie di coloro che si pensano così troppoimigliori nella loro mediocrità sconcertante [diversi da quelli di cui qui sopra, già sfanculizzati in potenza, peraltro].

insomma. un po' di coglioni girati.

e poi metto su il nuovodegre: vivavoce [qualche settimana fa era in tivvvvù, assieme a ligabue da fazio. che banalità sconcertanti anche ligabue e fazio, in confronto]. albummmme che tecnicamente ho regalato, e non so quanto sia giusto, nella gestione delle mie nevrotiche cose simboliche, ascoltare come copia.

ecco. appunto. e parte la prima canzone. e ti si spalancano le emozioni. come una boccata d'aria di un giorno che stai in apnea. cazzo. come riprendere a respirare dentro. o come quando cammini in montagna e sei in debito di zuccheri. ecco: la sensazione della prima ciuciata alla caramella che ti passa l'amico.

nel frattempo è finita la prima canzone. e proseguo ad ascoltare. e lavoro. che tutte le altre mediocrità sconcertanti vadano afffffffanculo. tanto orso sono, e rimango. però intanto respiro. o ciuccio la caramella.

[updt.
quel psicocommerciale di ligabue si è infilato in "alice". quando rientra il degre la banalità sconcertante di quell'altro s'acclara, rilucentemente. che vadaffffffanculo pure lui]

Wednesday, December 17, 2014

la strage degli innocenti

son talmente stanco che non riesco a metter in fila un paio di idee sensate.

devo pulir i sanitari del bagno per far scattare una mezza psicopippa, in un baluginio di serena proattività.

da un certo punto di vista forse è financo meglio così. anche se, a valle delle criticità che quivi si vanno a definire - di cui ho fatto un psicopipponico detect, non riesce a piccolorilucere come mi par di riuscire a gestirle, le criticità intendo. vabbhè.

in compenso stamani ho ascoltato la rassegna stampa. il fatto è che è stato un quarto d'ora dopo aver ascoltato il causticissimo gianmarcobachi fare il suo personalissimo, e commovente, editoriale sulla strage di ieri a peshawar. la strage di 141 innocenti. e nella rassegna stampa quella notizia scivola piuttosto in basso, troppo in basso.

ora. non avevo davanti i giornali, quindi non so se è una scelta del giornalista che ha fatto la cernita. nel caso che vadaffffanculo quel giornalista. se invece è scivolata nel fastidioso tagliobasso delle prime pagine, allora che vadafffffffanculo mediamente la stampa: così impegnati a star dietro le psicopippe lagnose di questi autorefenziatissimi. [non starò diventando mica grillinico, vero?]

Saturday, December 6, 2014

e scivola il sole, al di là delle dune

il puntuale ed epistemiologico michele mi ha ricordato cosa ha detto veronesi. la sua recente chiosa sulla non-esistenza diddddddio, osservando la casualità di come colpiscono e come si comportano i tumori. michele, che peraltro oggi compiva gli anni, ha usato il punto esclamativo dell'ateismo, a chiosa di un suo pensiero su di te. un pensiero che arraspa dietro di sé tanta compassione commovevole.

io metto più spesso punti di domanda alla fine del mio ragionare. e naturalmente il mio agnosticismo non mi supporta a cercare chissà qual tipo di spiegazione. e probabilmente nemmeno dovrebbe farlo.

sta di fatto che andarsene così giovani e con un terzo dell'esistenza a combattere quella cosa che ti insorgeva ovunque, non trova, come al solito, una risposta che valga la pena essere razionalizzata.

la tua malattia, così geneticamente inestirpabile, ti ha preceduta. prima di conoscerti mi dissero di quello cui eri già passata in mezzo. si percepiva una levità, che parevi trasmettere. forse per come percepivo chi me lo raccontava, forse percepito da chi me lo raccontava e che ti conosceva. forse perché la vivevi davvero.

ti ho visto, prima che dal vero, in una foto. tenevi in braccio la tua cuginetta. quella foto mi ha colpito. più bella di come mi ti avevano raccontato, più commovente di come mi aspettavo, sapendo che cosa avevi già passato. in quella foto hai un sorriso ampio, e gli occhioni vivi, pieni di qualcosa di importante. non so se, quando la scattarono, avevi già scoperto, intuito cosa avresti vissuto. e se avevi già scatenato quella voglia di farcela e di lottare con energia vitale. tanta energia vitale, perché è stato durissimo quello che hai combattuto e che hai affrontato. roba che nella mia debosciata irrequietezza sarei stato spianato molto prima. roba che tutti i riverberi dissonanti e anisotropi, che mi destabilizzano ancora con un paio di tuoi familiari, sono cosa che ci si vergogna considerare. anche se l'eco mi dà tutt'altro che serenità.

te ne sei andata. era una cosa che tutti avevano più o meno messo in conto avrebbe potuto succedere. non ti conoscevo nemmeno così bene, e sono ormai lontano da chiunque della tua famiglia. però oggi non pensavo di accusare così il colpo. poi ho fatto un bel mescione con altre titubanze mie, più o meno congiuntural-esistenziali-lavorative [bagatelle, ovvio, davanti all'irreparabile], e molta stanchezza. sta di fatto che ho pianto per quasi tutta la seduta con odg.

poi sono stato a teatro, ad ascoltare una piece ispirata alla "buona novella" del faber. la cosa più vicina al vangelo mi emozioni.
ti ho pensato molto. e ti ho salutato lì. domani sarà solo un agorafobico rito che presenzierò, con tutte le dissonanze che cercherò di evitare. hanno cantato anche quel verso, quasi alla fine del "testamento di tito". il sole che è scivolato al di là delle dune, a violentare altre notti. e non ci possiamo far più nulla. senza un senso che possa illuminare chissà che a dargli un senso.

però, agnosticamente, in tutta l'immanenza che da stanotte è solo nostra e non è più tua, c'è anche l'ultimo verso di quella canzone.