Sunday, March 30, 2014

quelle cose che sono qui ed ora

sono arrivato in controtendenza ai pendolari settimanali. domenica pomeriggio, trascindando il trolley con le rotelle sotto. la luce del sole non ancora tramontato ma già abbastanza radente ha dato al prato quel sapore di cose belle. per quanto sia da tagliare, il prato. il primo taglio della stagione. la natura può permettersi di offrire, compiutamente, l'eterno ritorno delle cose. la circolarità delle stagioni. senza patire gli acciacchi. dell'imperitura decadenza fisica. roba da qui ed ora. per sempre.

ecco. la luce radente e l'erba che ha dato ai fili d'erba un non so che di dorata tridimensionalità. un attimo, un momento di intensa e volatilissima felicità. qui ed ora.

mi ha fatto venire in mente come quegli attimi ci sono. passano, ma ci sono. quelle cose da qui ed ora che bisognerebbe essere scaltri da intuire stiano avvenendo, sonendo [gerundio derivato di sono]. il più vicino possibile al momento che poi passa. vederli fruire nel momento in cui accade quel momento, se proprio si è fortunati. oppure, poiché non credo nella fortuna: consapevoli.

certo. quelle cose qui ed ora poi se ne fuggono nel passato. come tutto del resto. ed il qui, ora, non è lo stesso di quello che sarà un altro momento. dove, che ne so, riprenderanno a pretendere attenzioni sull'ora e sull'essere qui cose tipo la solitudine, la precarietà esistenziale, la sfiducia, il comodo rifugiarsi in una non meglio specificata oligo-socialità. toh. tutto questo nonostante i momenti da qui ed ora, si rimetteranno in opprimente sopravvento quelli che sembrano ovunque e [troppo] spesso.

però se li prende al volo, quei momenti da qui ed ora, si possono metter lì, a far da pragmatico ed emozionale spessore. sono passati, certo, però prenderne il lato construens della faccenda: sono passati perché non sono ora, ma sono passati, appunto, da qui. sono stati vissuti. è come se ci si fosse fatti attraversare.e non si fossero solo attraversati. e quando ci attraversano è come se lasciassero una traccia del passaggio. un piccolo punto di appoggio su cui, punto d'appoggio dopo punto d'appoggio, poggiare le nuove consapevolezze.

tipo quella che quelle cose da qui e ora ci sono state. non è il tempo verbale ad essere così importante. ma che è un verbo: volontà ed atto.
tipo che quando ci sono quei momenti, attraversarli. come arrivare col trolley con le rotelle, osservare il prato con quella luce radente, entrare in casa e poi decidere di uscire di nuovo. il primo pomeriggio con la luce fino a più tardi. perché non goderselo fino in fondo. visto che, tra l'altro, per guadagnari quell'ora di luce in più, il uichend è durato un'ora in meno.

2 comments:

Unknown said...

Ci ho messo un po’ a capirlo anche io. Che senza consapevolezza del presente si passa la vita ad aspettare un futuro che è sempre un passo avanti e a rimpiangere un passato che è già un passo indietro, perché nel qui e ora in cui il primo sfuma nel secondo si stava con la testa rivolta dalla parte sbagliata.
Sta cosa qui mi fa pensare a quelle sostanze che attraverso il processo di sublimazione passano dallo stato solido direttamente a quello gassoso, senza diventare liquide.
Roba da morirci di sete, se uno sta lì ad aspettare! [Che poi cosa ci sarà mai di sublime in tutto ciò, non lo so. Ma è materiale per altre psicopippe].
Dicevo che ci ho messo un bel po’ a capirlo e ogni tanto me ne dimentico pure.
I latini invece lo sapevano da sempre. Hic et nunc, dicevano, infatti!
E passavano col trolley sull’erba alta del giardino lasciando il segno del loro passaggio.

odisseando said...

dopo questo commento potrei financo chiudere il blogghe.
si è dato. stop.
ma nel caso si volesse sublimare, ecco, in effetti è capitato anche a me. ragionare su quel termine. cosa ci avesse di sublime.
deve essere l'ennesimo scherzo delle lingue. che etimologicamente - il senso, il princpio, la causa, le intenzioni - dice una cosa. e poi nella realtà della vita che viene le cose rimbalzano in avanti e vai a capire come.
o perché.
però se tutto questo rischia di non far godere del hic et nunc, mbeh. allora si può anche capire un po' di meno.
e va bene così, sublimalmente.